(Autoprodotto 2009)
La torba è il primo stadio di formazione del carbone, un materiale in divenire ma dagli svariati utilizzi, tanto nella combustione quanto nella cosmesi e nella concimazione. Come tale materiale, il progetto musicale Torba mesta nel torbido del sottosuolo prima di riemergere con fragore. E nel farlo mescola doom metal, le sperimentazioni noise più viscerali (il Lou Reed di “Metal Machine Music” ma anche qualcosa dei Throbbing Gristle e dei maestri giapponesi del genere) e insinuazioni elettroniche per ottenere musica monolitica ma vibrante, fluida e gravida di malessere.
Le chitarre hanno un ruolo predominante lungo tutti i 43 minuti di questa one man band. Chitarre roteanti e taglienti come lamine compattate da droni elettronici furibondi. Se la torba è il carbone in fase giovanile, Torba è sicuramente Sunn O))) in tenera età.
#6 ci fa sprofondare nel mondo orrorifico delle viscere terrestri tra delay esagerati e sfrigolii sintetici gracidanti. Gran Torino strizza quasi l’occhio a lidi più eterei, come se il mare plumbeo dell’estremo nord vibrasse scosso da sommovimenti sotterranei. Earth & Sunn (casuale la doppia n?) torna in mondi da incubo guidati da poderose svisate elettriche, mentre Bravo Tango immerge il celebre dialogo nascosto tra Houston e gli astronauti sulla luna in un lamento d’oltretomba. Dead Amp cambia completamente strada: qui la ripetizione elettronica diventa legge, con suoni in loop che massacrano l’udito costringendo ad abbassare il volume se non ci si vuole ritrovare le orecchie insanguinate. Il finale è affidato a Kustom Kar Kommandos, nella quale tornano a governare le corde elettriche scemando con passo funereo per tornare nell’oblio.
La durezza e la compattezza del suono affascinano, ma in troppe parti il disco sembra fin troppo ripetitivo. Molto meglio quando il sound varia, come in Gran Torino e Bravo Tango, veri punti forti dai quali partite per evolvere verso il carbone e non restare per sempre torba.
Voto: 6
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