Timothy McAllister ‘Glint’

(Innova 2010)

Quando mi capita sottomano un cd a nome dell’esecutore, prima di giudicare la sua bravura tecnica e la sua sensibilità interpretativa, valuto la scelta del repertorio, di cui lui (o lei) è responsabile. Eseguire un programma piuttosto che un altro è cosa di primaria importanza: da lì si vede che visione hai della musica, dell’arte, della cultura. La valutazione dell’esecuzione viene dopo. Tanto per capirci: Pollini è un eccelso esecutore di musica romantica e del primo Novecento, ma, a mio avviso, non è un grande esecutore di musica contemporanea, e questo perché si ostina a proporre brani che a mio avviso non meritano grande attenzione (alcuni pezzi inascoltabili di Boulez e Nono), a discapito di tanta buona musica che viene relegata da lui in secondo piano. Lo stesso criterio di giudizio è stato da me applicato a questo cd della Innova, dove il sassofonista Timothy McAllister, da solo o accompagnato da clarinetto o da piano, presenta una selezione di brani di autori contemporanei scritti per il suo strumento. Il cd si apre con Escape Wisconsin, breve pezzo in stile minimalista di Caleb Burhans, estremamente godibile e vitale. Jellyfish di Kristin Kuster è un pezzo più complesso e meno immediato, ma egualmente intrigante e seguibile, così come la Sonata di Gregory Wanamaker, nel suo ammiccare esplicitamente a stili diversi. Questi tre brani, tutti di buon livello, sono però controbilanciati da altri tre (scritti da Agocs, Etezady e Hurel) non all’altezza; si tratta di pezzi inutilmente virtuosistici e totalmente privi di spessore emotivo. Qui il sax si inerpica in sentieri tortuosi che non portano da nessuna parte (come nel peggior free jazz). L’espressività per fortuna viene recuperata da Daniel Asia nel suo Alex set, che comprende momenti di intenso e non banale lirismo. Una spruzzata di divertita ironia ci viene invece offerta da Rise di Peter Terry, un pezzo che sembra cominciare dal mezzo, e non dall’inizio, e che procede freneticamente come una macchina che sembra andare fuori giri ma riesce sempre invece a mantenersi in carreggiata (come nel miglior free jazz). Responso finale: 5 a 3, in termini di promossi e bocciati. Promosso anche McAllister, pienamente a suo agio col repertorio. Non a pieni voti, però: non tutti i brani meritavano la sua attenzione e la sua bravura.

Voto: 7

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