(Todomundo 2008)
Sono passati oltre venticinque da quel capolavoro a firma Byrne – Eno che è “My Life In The Bush Of Ghosts”, disco che dimostrava agli scettici la possibilità di una (almeno sulla carta) improbabile unione di sonorità terzomondiste, elettronica e funk. In questo arco di tempo, i nostri due eroi si sono dedicati a svariati progetti solisti e a numerose collaborazioni – non sempre imprescindibili, a dire il vero. Ora sono tornati ad incidere assieme. Ma – sorpresa delle sorprese – “Everything That Happens Will Happen Today” non ha nulla (o assai poco) dello sperimentalismo e dell’ innovazione che l’LP del 1981 ha.
Intendiamoci: pur sempre di un bel disco si tratta. Del resto, dall’unione di due teste così era difficile che venisse fuori qualcosa che non fosse almeno gradevole. Il punto è che chi si approccia a “Everything That Happens Will Happen Today” con l’intento di trovarvi chissà quale eccentrica miscellanea di suoni della più disparata provenienza rimarrà assai deluso.
L’opera in questione è fondamentalmente un lavoro pop. Tali sono infatti l’ariosa melodia di Home, cantata da un Byrne che si mostra subito in ottima forma nonostante gli anni, My Big Nurse, con il suo andamento placido, quasi country, la delicata Everything That Happens, One Fine Day o la conclusiva The Lighthouse.
Nel mezzo, alcuni autentici gioielli in cui sembra affiorare quella propensione alla ricerca musicale del passato. Prendiamo, ad esempio, I Feel My Stuff: qui le atmosfere si fanno più cupe, per un pezzo arrangiato per beat elettronici di stampo hip-hop e pianoforte, con azzeccatissimi interventi di basso ed una quantità di effetti elettronici cui si aggiunge, nel finale, una chitarra iperdistorta. A corollare il tutto, l’interpretazione vocale di Byrne, giocata su un registro all’insegna di una nevrosi trattenuta. La vena funkeggiante ed i tribalismi fanno capolino in Strange Overtones e in Poor Boy, altro capolavoro dell’album.
Tirando le somme, “Everything That Happens Will Happen Today” non riserva, in fondo, molte sorprese, e sicuramente non segnerà la storia della musica come ha fatto (e continua tutt’ora a fare, malgrado gli anni) “My Life In The Bush Of Ghosts”; pur tuttavia si tratta di un lavoro che merita rispetto e considerazione, anche alla luce di quello che è stato il percorso artistico di Byrne ed Eno, sicuramente due tra gli autentici geni della cosiddetta “musica leggera”.
Voto: 7
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