(Cuneiform/Ird 2008)
Non c’è dubbio la destrutturazione è la nuova frontiera del rock. Rimescolare tutto e destrutturare lo stesso materiale è l’unica salvezza verso l’innovazione che è rimasto al rock ed in tutto questo, il trio statunitense sembra essere il massimo esponente ed il miglior alfiere. Nelle dodici tracce di questo loro terzo lavoro, definito sommariamente avant-punk, scorgiamo le strane e perverse fusioni tra il free jazz più sperimentale ed i Fugazi meno compulsivi, passando per le geometriche peripezie dei Don Caballero. I brani tutti rigorosamente strumentali hanno una struttura scarna, proprio come piaceva a Captain Beefheart o più recentemente ai Battles, anche se rispetto a questi ultimi il trio riesce ad essere meno freddo e a metterci più cuore. Tuttavia, resta un lavoro profondamente cerebrale, dato che l’improvvisazione sembra solo di facciata e tutto il cd risulta alla fine molto studiato, al punto da sfiorare la scolasticità. Alla fine il lavoro è molto apprezzabile per l’impegno, ma penetra poco.
Voto: 6
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