Luca Formentini ‘Tacet’

(Extreme music 2007)

Tredici progressioni atmosferiche serpeggianti e sensuali guarniscono il nuovo cd del chitarrista bresciano Luca Formentini (www.unguitar.com e www.myspace.com/lucaformentini). “Tacet” è il fratello minore di “Subterraneans” (2003), cronologicamente, la proposta più recente in ambito solista, uscita per i tipi della Auditorium. L’approdo ad una label come la Extreme, esperta in sonorità ascetiche (illustrate prevalentemente attraverso manierismi ambient, minimalisti e impro-industrial), sembra conferire alla sostanza generale del disco una particolare inclinazione per le flessuosità dell’ambient music.
L’idea di solo per Formentini è sicuramente originale: essa si sviluppa mediante il rapporto collaborativo ininterrotto con un manipolo di musicisti, conformi all’autore per diletto compositivo e predisposti ad improvvisare, secondo un’attenta metrica intuitiva. Anche alla bisogna, quindi, si incontrano i nomi di Markus Stockhausen (tromba), Debora Walker (‘cello), Steve Jansen (electronic drums), Giovanna Gabusi (voce), Steve Lawson (basso elettrico e ‘intimo’ collaboratore di Luca) e Frank Moreno (batteria). Ognuno di questi artisti compare (e scompare) nei meandri di “Tacet”; Luca si cimenta minuziosamente ad alternare brani, composti e suonati in completa solitudine, magari intervallandosi alla manipolazione di più strumenti, con altre piste che consegnano formazioni doppie, o al massimo triple, come per Sensing The Mirror e Coastlight.
Che dire, stiamo parlando di autentica classe e raffinatezza. Snodata, eclettica: la verve del nostro, da un humus di base pro-relax, tocca contemporaneamente le longitudini della minimal-ambient – niblockiana e magmatica – e le latitudini esotiche di una complessa (para) world-music. Rivoli, gocce sottilissime di un offuscato ritmo downtempo si mescolano a misteriose formule algebriche, composte da unità di neo-funk furutista (Frame) e da crescenti balzi dell’elettronica; questi ultimi, a loro volta, impastati con micro-spazi di scaltra improvvisazione, intesa tradizionalmente in senso jazzistico, oppure con furtive comparse di micro-rumori, elaborati e trattati in differenti guise. Le corde s-n-e-r-v-a-t-e da qualsivoglia agitazione rumorista, determinati stati d’indole slow-etno-mood, il concedersi senza preclusioni agli impalpabili piaceri della melodia, possono indurre a fantasticare (inutili) ragguagli con lo spettro (iniquo) della new age. (Pre)concetto da scansare a tutti i costi, per godere a pieno titolo di perle del calibro minimal-drone di Thou; della meraviglia sprigionata dai pochi secondi di Layer (First); delle forme liquide di Deep Test; delle analitiche geometrie ritmiche elettro-notturne e dei languidi affondi di basso-funk in Frame; dei complicati intarsi di free-form inoculati dai soffi infastiditi della tromba in Sensing The Mirror (tra le più belle e sature composizioni di “Tacet”). In The Fragile Second, un’avviluppata registrazione live, il solo basso elettrico di Steve Lawson e l’elettrica di Luca Formentini mutano, metaforicamente, in una fantomatica bilancia sonora, soppesata tra linee guida della chitarra, virtuose e felpate, e scenografie sottostanti invocate mediante delicati delay – e altri effetti – generati con grazia dal basso. Se, invece, vi conterrete dal darmi del pazzo, le astrazioni soliste, oblique, irregolari, che la chitarra fomenta con Misha hanno fatto pensare, ed è proprio il caso di dirlo, intuitivamente, alle ‘variazioni per tre piste’ di Nuno Cannavaro. Gli scenari del compositore iberico si avvicendano ad altri sketch in solitaria di derivazione improv: più ferruginosa e acustica, nel caso di July, con brandelli di noise più ostico, nell’intro di Skin For The Angel. Non si può chiudere senza aver menzionato la title track, costruzione a due coadiuvata insieme ai solchi – lontanamente – mediorentaleggianti della cornetta di Stockhausen ed alle cavillose manipolazioni chitarristiche (probabilmente, giochi di pick up e delay in uggiosa ripetizione), all’orecchio, grinzose.
Tutt’altro che supposizione, “Tacet” e il suo deus ex machina saranno ospiti prediletti della futura playlist di fine anno, sorpassando a pieno merito le prove, più o meno simili, che altri chitarristi del ‘giro’ hanno di recente forgiato.

Voto: 9

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