Niccolò Ammaniti ‘Fango’

Ammanniti Il Cannibale

 

 

 

 

 

 

 

 

“Fango” è un gioco. Un gioco fatto di sangue, budella e tanta comicità. E’ violenza spesso fine a sè stessa. “Fango” è cultura pulp allo stato puro.
Il terzo lavoro del romano Niccolò Ammaniti, classe 1966, esce nel ’94 ed è una raccolta di sei racconti che spaziano dal thriller all’horror di serie C, dallo splatter al cyber-porno, senza dimenticare la commedia all’italiana; in fondo Ammaniti non fa altro che stigmatizzare i vizi e i difetti dell’italiano medio affilandone gli spigoli, accentuandone le caratteristiche, fino a renderli inverosimili, abnormi, ma forse per questo incredibilmente efficaci nella narrazione: è quello che accade nel primo e più lungo dei sei racconti, “L’ultimo capodanno dell’umanità” (dal quale Marco Risi ha tratto un film, sicuramente non all’altezza dell’originale), nel quale si intrecciano, all’interno di un complesso residenziale romano, i festeggiamenti di una miriade di personaggi strampalati: dal gigolò venuto dal sud all’avvocato amante del sesso sadomaso, dalla sposina ipercomplessata e insoddisfatta della vita alla tipica famigliola italiana medioborghese, e mille altri ancora. Un racconto irresistibile con un finale esplosivo.
“Rispetto” è invece un breve resoconto di una nottata brava in discoteca di tre ragazzi normali, mattinata alla spiaggia e tranquillo ritorno a casa, non credetemi; “Ti sogno con terrore” un giallo psicologico ambientato a Londra, coi nervi tesi e prossimi allo strappo, così come “Fango (Vivere e morire al Prenestino)”, che prende molto dal Tarantino di Pulp Fiction (l’episodio con Bruce Willis) ma col quale probabilmente lo stesso Tarantino girerebbe un gangster movie coi fiocchi.
“Lo zoologo”, nel mezzo, fa un pò scongelare il sangue con una storia di zombie che fa sorridere ma niente di più, ma ci pensano alla fine i due brevi racconti in uno di “Carta e ferro” a riportare la paura in primo piano. Esplicativa una nota dell’autore all’editore riportata sulla quarta di copertina, che termina così: “Se il lettore poi muore per cause naturali, “Carta e Ferro” non ha alcun peso sulla sua salute mentale, se invece sopravvive ha forza sufficiente per toccare il fondo. Ma io non me ne assumo la responsabilità, se l’è cercata lui”.
Non c’è morale, non c’è insegnamento, c’è solo letteratura che gioca coi brividi del lettore e funziona se viene la pelle d’oca. E viene, certo che viene.
Prima del successo incredibile ottenuto da “Io non ho paura” (anche da questo un film, ben più famoso, girato da Salvatores), “Fango” ci mostra le origini di uno tra i più validi dei giovani scrittori italiani arrivati al successo nel corso dei Novanta, salito su un’onda già alta di per sè ma abile nel cavalcarla, e non è da tutti.
Da riscoprire anche l’esordio “Branchie”, del 1994.

BIBLIOGRAFIA
Branchie (Einaudi, 1994)
Nel nome del figlio (Mondadori, 1995, scritto con Massimo Ammaniti)
Gioventù cannibale (Einaudi, 1996, antologia di racconti)
Fango (Mondadori, 1996)
Ti prendo e ti porto via (Mondadori, 1999)
Io non ho paura (Einaudi, 2001)
Fa un pò male (Einaudi, 2004)