eRikm, Günter Müller, Toshimaru Nakamura ‘Why Not Bèchamel’

(For 4 Ears/Fringes, 2004)

“Perché non besciamella”, si chiede, anzi no dato che manca il punto interrogativo, il titolo del cd. Personalmente sono intollerante al latte, ma dubito che il titolo abbia un qualche senso preciso. Del resto queste, come forse tutte, sono musiche che non hanno significato e quindi un titolo vale l’altro, spesso assolve il solo compito di scrivere qualcosa sulla copertina. Mancanza di significato che nell’ambito della nuova improvvisata diventa ragione stessa della sua esistenza, e che nelle occasioni migliori, assume valenza costruttiva, fornendo uno spazio sonoro sui cui l’ascoltatore può dare forma alle visioni nascoste nel suo intimo: una sceneggiatura mentale con tanti spazi vuoti da riempire a proprio piacimento. E’ proprio questo quel che il trio composto dagli iperattivi e omnipresenti Günter Müller (mini disc, iPod, percussioni, elettronica), eRikm (3k.pad system, computer) e Toshimaru Nakamura (no-input mixing board, ovviamente) riesce ad offrire in maniera molto convincente nelle tre tracce di questo cd, quaranta minuti che scorrono via in un attimo, in maniera quasi inconsapevole, con i sensi persi a captare il microcosmo sonoro proposto. Veramente impressionante la fluidità con cui si susseguono questi suoni, la cura certosina da professorini dell’acustica, complice anche il forte rimaneggiamento in studio da parte di eRikm e Müller, nell’assemblare il tutto, per un’eleganza formale pressoché perfetta. Com’è facile immaginare ci troviamo di fronte a scenari estremamente quieti e rarefatti, all’interno dei quali piccoli eventi vengono disposti uno dietro l’altro, generando strutture via, via più complesse ma sempre estremamente discrete, quasi fragili nel loro muoversi tra distese di silenzio. Nel primo brano Keburu i tre partono da una scacchiera vuota su cui con strategie a lungo calcolate sono disposti dei microrganismi sonori apparentemente indipendenti l’uno dall’altro ma che in realtà finiscono per interagire tra di loro e formare uno spazio brulicante di strane forme di vita. Il tutto inizia con le scariche elettrostatiche di Nakamura che iniziano a scrutare nel buio per poi sommarsi ad oscillazioni in bassa frequenza, a piccoli suoni percussivi che si ripetono con regolarità, a creature meccaniche che si muovono in una foresta di gocciolii e cinguettii. Difficile da spiegare a parole ma molto suggestivo ed ipnotico, come il canto dei grilli in una notte d’estate. Un vero esercizio di concentrazione e pazienza invece la lunga Kabel, inizialmente un interminabile e sottilissimo drone accompagnato da suoni subacquei e lontani che a metà si anima con l’apparire di una sorta di triste melodia ridotta ai minimi termini per poi infine diventare pulviscolo di scriccholii e pulsazioni che lentamente crescono d’intensità, e una volta raggiunto il punto di massima energia cinetica, scompaiono nel nulla. Dopo due brani di tale levatura si può essere più che soddisfatti e quindi poco importa se l’ultima traccia Cable nella sua semplice pioggia di rumorini simili a puntine lasciate scivolare sul vinile, non possiede la medesima carica evocativa. Di certo non scalfisce l’ottima impressione ricavata da questo cinema per orecchie.

Voto: 8

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