Michael Mann ‘Collateral’

Il Film.

 

 

 

 

 

 

 

Di Michele Massetani

cattivo@infinito.it

“COLLATERAL”
di Michael Mann
U.S.A. 2004 (?)

Giovedì sera, multisala, primo spettacolo, dieci spettatori circa, cena leggera (un panino).

Un giovane tassista nero, scapolo e ordinato, carica un giovane killer bianco, scapolo e preciso, e lo accompagna durante il suo giro di lavoro a Los Angeles, fino a quando non decide di ribellarsi (per colpa di una donna o della sua coscienza?) e…

L’applicazione pratica di una norma spesso ne evidenzia le sue incongruenze logiche.
Con il nuovo regolamento al Multiplex può capitarvi in una sala da trecento posti, con dieci biglietti staccati, di ritrovarvi tutti seduti vicini perché il computer assegna i posti in maniera razionale (per lui). Non sarebbe un gran male, l’italica l’insofferenza per le regole e la naturale attitudine alla disobbedienza alla fine trovano un rimedio, se non fosse che inevitabilmente vi chiedete: “a che serve una regola così?” e vi viene il dubbio che sia utile soltanto a rendere necessario meno personale per attaccare i cartellini con su scritto riservato prima dello spettacolo.
Sperando di sbagliare veniamo al film. Dopo tre settimane di colori e suoni brasiliani nella testa, effettivamente la visione di una Los Angeles notturna così livida, ripresa con lo stile di una telecamera di videosorveglianza, il suo impatto ce lo ha di sicuro. Impatto che pian piano si affievolisce, tecnica che diventa subito familiare, per la grande abilità di Mann di usare uno stile come mezzo per veicolare un contenuto, a differenza di tanti altri registi contemporanei (americani e non).
“In fondo qua da noi la musica non è male,
quello che non sopporto sono solo le parole”
Questa strofa mi viene in mente man mano che diventano predominanti (in apparenza) i dialoghi. Magari il doppiaggio ha falsato qualcosa, ma sembrano presi pari pari da un brutto film d’azione. E la recitazione non aiuta, con Tom Cruise funzionario in missione fuori stanza, e Jamie Foxx, stile new age fai da te, preoccupato della pulizia del suo taxi e di non arrivare troppo stressato a fine giornata.
Dico in apparenza perché intanto le immagini continuano a “lavorare sotto”. Mentre il killer suadente cerca di portare il Max dalla sua parte, per compiere più rapidamente il suo lavoro, il tassista combatte nella sua coscienza, Raskòl’nikov ritardatario,  per non buttare le sue convinzioni morali nel cesso, comunque il lavoro è lavoro, bisogna farlo bene, se ti ribelli degli “innocenti” ci rimetteranno (già sentiti questi discorsi?!?).
E il killer, metà ragioniere metà maestro di vita, c’è quasi riuscito. Simbolicamente si è seduto di fianco al tassista (non più cliente ma complice). Ma cos’è che aiuta il nostro eroe (il tassista per chi si fosse già immedesimato con il killer) nella sua battaglia contro il male?


Su!

L’AMORE!!!
(ma quanto corre questo! Dopo un passaggio in taxi è già cotto!)
E così esci dal cinema con una sensazione positiva, con una speranza: dopo inevitabili e reiterati errori, alla fine si può trovare comunque la strada giusta.
Già, ma i miei timori che il cinema appartenga al genere fantastico, trovano conferma poco dopo. L’Ohio ha votato perché il bene trionfi…
E adesso alcuni milioni di persone si staranno toccando (o quello che si fa in questi casi in un paese musulmano)
Viva il cinema, abbasso la politica (solo per questa volta è!!!!)