16 ‘Zoloft Smile’

(Bastardized 2004)

Tornano i californiani 16 e lo fanno alla grande con questo “Zoloft Smile” che forse è il loro miglior album. Sinceramente li avevo dati per sciolti ed invece eccoli qua più in forma di prima. Oddio della vecchia line-up (ovvero dei membri presenti sin dal primo album) è rimasto solo il cantante Chris Jerue che, con il chitarrista Phil Vera ed il batterista Mark Sanger, forma il trio che costituisce la band anche se, in studio, hanno contribuito pure il “vecchio” Bobby Ferry (da sempre un po’ l’anima dei 16) e il bassista Tony Baumeister.
“Zoloft Smile”, sin dal titolo (come dire che in una società come la nostra l’unico sorriso possibile è quello stimolato da uno psicofarmaco) e dalla foto in copertina si presentono: il degrado urbano, la miseria umana, la disperazione, la frustrazione, la nevrosi che impregna questo lavoro. I 16 non hanno bisogno di sensazionalismi, di parlare di satanismo o altre nefandezze per turbare l’ascoltatore, preferiscono guardare in modo lucido alla realtà quotidiana e alla disperazione circostante. Descrivono con disarmante semplicità: lo stupratore che, nella sua mente, sembra avvertire la “preda” di un imminente attacco (“..Look over your shoulder / You stabbed me in the back / I am over 10 years older / Perfect for an attack…” – In The Grip Of Delusion) oppure l’impiegato frustrato che sogna di dare fuoco all’ufficio (Workplace On Fire) o il tipo indebitatissimo che si dissocia, prende la mazza da baseball ed esce a cercare qualcuno da far sanguinare (“..I went to the closet / And pick up a bat / I found a stranger / To attack..” – Poverty).
La degna colonna sonora di tutti questi “demoni” è quanto di più fresco, potente ed esaltante si sia ascoltato da qualche mese a questa parte, non so se più grazie alla registrazione di Jeff Forest o all’estro di Phil Vera (a cui, a quanto pare, Ferry ha affidato la “regia” del gruppo). Inutile menzionare un brano in particolare perché di “Zoloft Smile” amerete ogni secondo. Stavolta la miscela è perfetta, non si rischia né l’eccessiva “cacofonicità” noise del primo album “Curves That Kick”, né la carente omogeneità del secondo “Drop Out” tantomeno l’insistente claustrofobia dell’ultimo “Blaze Of Incompetence” (ma capiamoci bene: ascoltateveli, ne vale la pena). Miscela perfetta dunque: certo hc mid-tempo, l’agilità dei Deftones (Balloon Knot), la maleficità degli Unsane, il noise e l’ossessività matematica di helmettiana memoria ma soprattutto la maestosità sludge degli Eyehategod (di cui sono grandi estimatori), l’oscurità sabbathiana e la torrida potenza dello stoner marcato Kyuss. Tutto questo (e anche qualcosa di più) convive nel suono del trio losangelino. Se vi sembra che stia esagerando, ascoltare appena qualche secondo di Hearing Voices o Born To Lose potrebbe essere d’aiuto per metterci d’accordo. Per la cronaca è uscito: negli States per la At A Loss, in Giappone per la Ritual e in Europa sulla teutonica Bastardized.
Conclusione: un gruppo da culto, un album perfetto.

PS speriamo di vederli in autunno in Italia.

Voto: 10

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