The 90 Day Men ‘Panda Park’

(Southern Records/Promorama 2003)

Indubbiamente i 90 Day Men sono una di quelle bands che non aderiscono alla solita regola ‘un album buono e il resto merda’, visto che con il tempo hanno costantemente tentato di superarsi e tentare qualcosa di nuovo. E, fortunatamente per chi scrive, l’evoluzione non sembra ancora finita, eppure continua a deliziarci con insperati frutti.
I quattro di chicago son partiti con “(It (Is) It) Critical Band” (e prima ancora con un EP), una sorta di art rock con echi Unwoundeschi abbastanza palesi; hanno poi alzato il tono con l’ottimo “To Everybody” e hanno anticipato l’uscita di questo album con l’EP ‘Too Late or Too Dead’, pezzo contenuto proprio in Panda Park.
E in mezzo alla loro evoluzione, c’è la preziosa produzione (qui coadiuvata da altri bestioni come Greg Norman e Tim Iseler) di John Congleton, che molti ricorderanno come l’isteria a capo dei Paper Chase.
Dunque, in questo terzo lavoro, i 90 Day Men non si sono smentiti, compiendo l’ennesimo superbo passo in avanti, riprendendo esattamente da dove avevano lasciato: il ricercato indie rock di Alligator e Saint Theresa In Ecstasy. In ‘Panda Park’ si odono echi del Brian Eno più in forma, del Bowie berlinese, con un’interessante spruzzatina di sintetizzatore Wakeman/Carlos che rende l’affresco ancora più completo ed interessante.
Probabilmente avrebbero potuto accontentarsi di qualcosa di molto più accessibile a tutti, abbassando i toni e intristendo le canzoni. Invece giustamente i quattro sono andati fino in fondo, trascinati dalla voglia di superarsi continuamente e hanno tirato fuori pezzi come Even Time Ghost Can’t Stop Wagner di una bellezza e tecnica impressionante con gli scambi tra chitarra e pianoforte e Silver And Snow che sembra quasi un omaggio all’Elton John anni ’70.
Quindi è chiaro come ci voglia tempo per godere al massimo del Panda Park, non è certo un album che si ascolta e si dimentica, ma se avete scelto di spendere i soldini per i 90 Day Men, allora altro non potevate aspettarvi.
E non dimentichiamoci neanche l’occhiata di rito ai testi, visto l’interesse per la band per questi, considerando che sono grondanti di allitterazioni (beat back by the buzz cads cabal) e anafore. Ma insomma potrebbero ancora migliorare? Beh penso di sì, anche perché ben poche band indie possono aspirare a questo livello di originalità compositiva e tecnica musicale, dunque aspettarsi un seguito anche migliore è praticamente un obbligo.
Per pochi, non per tutti, per fortuna.

Voto: 9

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