Placebo ‘Sleeping With Ghosts’


Hut/Virgin Music 2003

Dopo il discreto successo di tre anni fa con “Black Market Music”, i Placebo decidono che è ancora presto per i cambiamenti radicali e ci propongono il loro nuovo album dall’affascinante titolo “Sleeping With Ghosts”. Gruppo che è sicuramente caro al pubblico italiano per essere stati i primi (e probabilmente gli ultimi) ad aver rotto una chitarra al festival di Sanremo durante Special K. Avvenimenti curiosi a parte, l’uscita di un album dei Placebo riesce ancora ad attrarre articoli su diverse riviste e ad interessare fans e ascoltatori casuali. Ma ne varrà veramente la pena, o è solo hype mediatico? E’ ovvio che gruppi del genere si sono sempre nutriti di gossip di omosessualità e droghe, che non fanno altro che aumentare il fascino dell’enigmatico frontman Brian Molko.
Nonostante tutto “Sleeping With Ghosts” suona solido e ben costruito, ciò grazie ad un’ottima produzione e ad una serie di canzoni che si addentrano in territori sicuramente estranei al pop-punk che ha sempre contraddistinto il gruppo inglese. Sembra incredibile ma la chitarra compare molto poco, lasciando lo spazio ad un basso molto possente e a tastiere e batteria. Basta sentire la ballata Protect Me From What I Want che sembra quasi una b-side dei Psychedelic Furs, mentre English Summer Rain ricorda vagamente Taste In Men e si rivela ottima scelta come singolo.
Altri pezzi classici Placebo arricchiscono l’album come Plasticine, Special Needs e This Picture. Stranamente la scelta del primo singolo è ricaduta su The Bitter End, canzone che per quanto orecchiabile non ha certo i requisiti del classico sing-along alla Pure Morning che tutti vorrebbero. Sarebbe stata piuttosto coraggiosa la scelta di qualcosa di più alternativo, come la bellissima Centrefolds che chiude l’album o la malinconica Sleeping With Ghosts. Il ritmo delle canzoni è molto più pacato che in passato, i ritornelli sono ben studiati e non c’è più quella ripetitività di musica e testi che rendeva “Black Market Music” abbastanza noioso dopo qualche tempo.
Inutile dire che il mood è sempre sul depresso andante, Molko se la prende con la religione e il governo, rincorre un’ (o senza apostrofo?) amante lontana pregandola di rimanere, ribadisce che quando tutta la speranza è perduta le anime gemelle non muoiono mai e via dicendo. Con la dovuta eccezione del futile esperimento di Something Rotten, le canzoni sono tutte di ottima qualità e contribuiscono a creare un album in ovvio stile Placebo sicuramente migliore del precedente.
Poi se ce ne fosse bisogno o meno di un altro lavoro così… altro discorso.

Voto: 9

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Autore: nukep@inwind.it