Anatrofobia ‘Le Cose Non Parlano’

(Wallace Records/Audioglobe 2002)

Ah!… E’ giunto il momento di parlare dell’ultimo lavoro dei torinesi Anatrofobia e sento l’impellente bisogno (viscerale, fisico, pulsante) di tirare un respiro profondo e chiudere gli occhi fino all’esaurimento totale di tutte le 13 ‘patologie’ che arrogantemente vestono “Le Cose Non Parlano”. Ben detto!
O forse si corrono meno rischi restando zitti, altrimenti l’eventualità d’inciampare in erronei o confusi paragoni si materializza sul serio. Qualcuno ha parlato di loro come d’un intruglio ‘storci-budella’ che mescola sferzate jazz-core stile Zu con rispolverate zappiane alla Trio Magneto. Alcuni parlano di una realtà non più aleatoria, ma di un vero e proprio affermato ensemble a pieno titolo, dalle pregevoli capacità di unire tradizione (free anni 70, progressive, rock), scrittura accademica e improvvisazione.
Tratteniamo il respiro; perché chiunque decida di ascoltare gli Anatrofobia e in particolare “Le Cose Non Parlano”, deve sapere che lo attende un disco non facile (come ad esempio per gli Zu), dato che la struttura con cui è intagliato, anche nei momenti di maggiore duttilità ( ad. esempio la popolare Brevi Momenti Di Presenza), rimane comunque graffiante e corrosiva, sognante e realistica, o ancora retrò e futuristica. Uscito per la “Wallace Records” di Mirko Spino il gruppo, oltre all’abituale presenza di Alessandro Cartolari al sax alto, Mario Simeoni al tenore, Luca Cartolari al basso elettrico e programmazione e Andrea Bindello alla batteria, vede le fulminee apparizioni di Roberto Sassi, Alberto Biroli e il tocco, quasi indispensabile, del fagotto di Alessio Pisani. L’intro stratosiana di Fleurdumirage, gli sbuffi ‘fiatistici’ di Le Cose Non Parlano o l’elettronica che viene immersa lentamente in Primordio sono i primi scorci sonori che ci si manifestano dinanzi. Maggiori ‘fastidi’ o ‘piaceri (decidete voi) si materializzano più avanti con le virate prog in Nuovi Topi Ad Ur, le brevi discese nell’ambient ondulato di Con Fine Di Mezzo o con l’ottima interazione strumentistica che vaga per tutta 3° Ordine Perturbato.
Anche se i riferimenti stilistici possono sembrare svariati, la musica degli Anatrofobia è semplicemente la musica degli Anatrofobia!
Opps! Se Julius Hemphill li avesse….

Voto: 8

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