Dimartino live

@ al Teatro Leopardi di San Ginesio, 23 Aprile 2016.

Di Rachele Paganelli
paganellirachele@gmail.com

“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via.
Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”
Cesare Pavese.

Per parlare del bellissimo concerto di Dimartino, presentazione del suo ultimo disco “Un paese ci vuole”, che ho visto nella splendida cornice del Teatro Leopardi di San Ginesio (quest’anno eletto teatro dell’anno per la bellissima e sorprendente programmazione live che si concluderà il 21 Maggio con Joan As Police Woman) devo partire da questa citazione che nasconde un concetto enorme di appartenenza. Soprattutto per me che cerco sempre di fuggire dalla provincia per estirpare radici ed assaporare arie diverse, per me che alla fine torno sempre con il sorriso seppur amaro. Perché? Me lo sono chiesta molte volte, e probabilmente anche Antonio, l’unica risposta che mi sono data è in questa citazione, il senso di appartenenza ad un luogo ben preciso, la lunga relazione che si crea con un paese che conosci bene come se fosse la fidanzata storica. Sai benissimo i suoi pregi e difetti, percepisci l’aria che cambia al tuo risveglio, ti delude spesso ed ogni tanto ti sorprende, ti sfianca e stanca ma alla fine torni sempre perché sai che c’è, ed ogni tanto calpestare una strada che ormai conosci e non cambia ti tranquillizza. Con questo spirito Dimartino (accompagnato dai suoi due bravissimi musicisti Giusto Correnti ed Angelo Trabace, rispettivamente alla batteria e piano/synth) è salito sul palco e ci ha devastato (terreno preparato dai Lettera 22 che hanno aperto egregiamente le danze con il loro pop raffinato molto vicino alla poetica dei Baustelle e di Benvegnù, che ha messo mano proprio al loro ultimo disco). C’è da dire prima di tutto che Antonio ha una bellissima voce, struggente, tenera e il disco live rende molto di più perché questi ragazzi sono dei signori musicisti, e non mi stancherò mai di dire che oggi sono troppo pochi gli artisti che studiano ed approcciano seriamente al proprio mestiere, e tirano fuori la loro tecnica soprattutto nelle parti strumentali come nel mash up di Montagne + a passo d’uomo dove si sfiora il rock ‘n’ surf anni ’50 con sfumature quasi tribali ed africane con l’aggiunta di cori in pieno stile Battiato. Quest’album è stato registrato in una casa in campagna in Sicilia, forse proprio per questo è pieno di questa meravigliosa terra, sotto la produzione di Rizzo e Cupertino e c’è un costante filo rosso portato avanti da un pianoforte onnipresente. La band inizia con l’incalzante Come una guerra la primavera, per poi proseguire con l’ironica e spietata Venga il tuo regno, Niente da dichiarare dove c’è una lunga e bellissima parte strumentale iniziale, la batteria veloce ed i synth che accompagnano un testo di doppia lettura dove la parola chiave è “immigrazione”. Purtroppo non è presente live una storia del mare canzone che amo molto e che si avvale della collaborazione di Francesco Bianconi nel testo e nel cantato, dove si descrive un amore estivo nella bellissima e mitologica cornice di Acireale , ma in compenso ci sono il valzer onirico di Case stregate dove Antonio ci racconta la sua esperienza personale in queste case abbandonate in cui ci si andava per fumare qualche sigaretta, per far colpo sulla fidanzata o bere birra con gli amici, e l’intensa L’isola che c’è uno dei brani più belli del disco dove si descrive una Sicilia quasi fiabesca nonostante l’ingombrante presenza di una petroliera sullo sfondo. Chitarra acustica e piano qui si rincorrono per appoggiarsi al silenzio del paese, alla libertà della balena che sfugge dal caos e dalla provincia e alla malinconia di un uomo che aspetta il ritorno del figlio. Ritroviamo anche I calendari singolo che nel disco ospita una voce d’eccezione, Cristina Donàdi cui non sentiamo molto la mancanza live grazie alla bellissima prova vocale di Antonio, una sorprendente e blueseggiante cover de L’ultima luna di Dalla, e un bellissimo bis con una delle sue canzoni più amate Ho sparato a Vinicio Capossela che ci ha introdotto così: “La mia ex ragazza era fissata con lui. Cazzo ti fissi con uno come quello? E allora ho scritto questa canzone per vendicarmi. Poi però ho cominciato ad ascoltarlo e… mi è piaciuto! Quindi questa canzone è diventata un omaggio o almeno non la canto più facendomi venire la gastrite”. Da bravo ultimo romantico il set l’ha concluso con Amore sociale, una dolcissima canzone d’amore e di attualità, una fotografia romantica ed urbana.
Mi sono alzata piena. Piena di storie ed emozioni proprio come quando intraprendo uno dei miei viaggi. Questa volta è stato tutto merito di Dimartino che con tanta umiltà, dolcezza e bravura mi ha fatto viaggiare come un Ulisse moderno cantando il proprio paese senza quella smania cantautorale di dover denunciare ciò che non va ma, anzi, esaltando e celebrando quelle strade che ha visto e vissuto e ancora ritrova.
Grazie Antonio.