Mistaking Monks ‘Mantic’

(Phonometak Labs 2012)

Istintiva, notturna.
Di suggestiva tensione ed umide
screpolature, d’intonaco calcinoso.
Ondeggiar costante, fra lo
scatto e l’arresto meditabondo.
Grazia animale esposta, dove mai,
è troppo consigliato, avvicinarsi alle fauci digrignanti.
Di
melodie, sussurrate/accennate e repentine intromissioni/saetta,
granulose e appuntite.
Una trama fitta di segnali morse, fra
Europ, un oriente immaginato e qualche richiamo ornitologico.
Impro
di base, con il sax che sbuffa ricordi jazz, mentre il resto gioca
con i detriti circostanti.
Che fra post e l’artiglio rumore,
l’importante è afferrar quella sottile linea filmica,
esposta/eseguita a pupille rovesciate.
Bianco, bianco, ed un
rintocco metallico in lontananza (Lone Cruiser).
Una
stazione isolata e sperduta, attendendo un treno, che sai non
passerà, la foresta a portata di sguardo che t’ignora (Tale
To Be Told
).
Corde metalliche che sanno di memoria, di scarto,
pulviscolo metallico arrugginito, dimenticato.
Blues, l’odore
lontano.
E sabbia desertica nelle pelli percosse
(Multiple).
Rattrappimenti rumorosi (Unframed Mirror),
statici e frementi (Mantic).
Un brivido di Woyzeck,
ripreso di spalle.
Buona la prima!
Urla qualcuno, in un
silenzio attonito.
Ed un poi, che loro diranno.
Cristiano
Calcagnile
(batteria e percussioni), Gianni Mimmo (sax
soprano), Xabier Iriondo (mahai metak, taisho koto, live
electronics).

Voto: 8

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