Marco Assennato ‘Linee di fuga – Architettura, teoria, politica’

Di Moira Bernardoni

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Nel saggio ‘Linee di fuga – Architettura, teoria, politica’, pubblicato recentemente da :duepunti edizioni, Marco Assennato propone una riflessione altra sulla relazione tra spazio e tempo. Quelle prese in considerazione dall’autore, laureato in filosofia e ricercatore in teoria politica ed architettura, non sono le solite categorie mentali stradiscusse dai filosofi vecchio stampo: lo spazio da abitare e il tempo da pensare si intrecciano e producono uno spazio-tempo dell’agire, rappresentando il tessuto dove s’inserisce la pratica dell’abitare. Lo spazio di cui Assennato scrive è architettonico e politico, il tempo è futuro.

L’architettura come arte del costruire è disciplina teorica e pratica che organizza lo spazio in cui gli esseri umani vivono. L’antropizzazione dell’ambiente naturale trasforma lo spazio preesistente al fine di produrre artefatti da abitare, i quali, a loro volta, sono «trasformati dal transito umano» che li usa e consuma. La trasformazione della terra al fine di renderla abitabile all’uomo ha nella tecnica il suo strumento; l’imposizione della tecnica nella sfera dell’agire politico, con il conseguente «lungo processo di spoliticizzazione del politico», sembra offuscare la necessità e l’urgenza di critica teorica.

Le pratiche dell’abitare generano complesse forme d’interazione tra un territorio e la popolazione che lo abita; (ri)pensare la città nelle sue forme significa discutere d’architettura quanto di politica, di morfologia e di cittadinanza, d’informalità e di resistenza. Il potere esiste come limitazione della potenza democratica; la politica è dunque arte della gestione non del potere ma della potenza democratica e, come l’architettura, si nutre anch’essa di “progetti”. Ecco allora che si comprende la proposta di Assennato di esplorare l’interazione tra architettura, teoria e politica. L’intento può dirsi euristico: esplorare la relazione circolare (ma non dialettica) che esiste tra le tre al fine non di proporre soluzioni ed antidoti ad eventuali crisi, ma di cercare indicazioni per una nuova direzione del pensiero e dell’agire. Partendo da ciò che già esiste nel presente come eredità del passato, il pro-getto si rivolge all’agire futuro. L’obiettivo del saggio è quindi prendere le distanze da un pensamento nostalgico attento principalmente al passato; il tentativo è proporre una prospettiva che ha il futuro come punto di fuga verso cui le linee tracciate dall’intersezione di architettura, teoria e politica sembrano convergere. Ecco dunque che il pro-getto è inteso come «mossa anticipatrice, proiettiva e predittiva, di un fare, di un agire intenzionale».

In politica e in architettura il dibattito si è per lungo tempo concentrato sull’atteggiamento da tenere nei confronti della modernità: rigettarla o rivalutarla, superarla o compierla? Il 900 in Europa è stato tempo di crisi e dunque di trasformazione: mentre un atteggiamento nichilista dissolveva ogni valore l’architettura si tentava portavoce di un’universalità degli stessi da convertire in universalità delle forme; nel contempo, in politica, le masse entravano in scena come soggetti attivi ed organizzati. Nella società postmoderna, invece, non c’è più tempo per verità ultime ed universali: una pluralità di interpretazioni lascia solo spazio alla frammentazione. Assennato evidenzia come le esigenze che nascono da situazioni critiche sono condizioni di trasformazione, proponendo di uscire dal circolo vizioso della dialettica tra vecchio e nuovo che, opponendo moderno e postmoderno, resta imprigionata nella rete del tempo passato. Per abitare il futuro sono necessarie sia la teoria che la pratica del costruire idee ed azioni alternative alla situazione critica esistente. Il suggerimento dell’autore è di guardare al “comune” come alternativa possibile al binomio pubblico-privato. Riferendosi al munus, il comune si fonda su un dono da ricambiare e pone perciò l’accento sulla reciprocità della relazione piuttosto che sull’individualismo della proprietà. Il comune sembra essere una linea di fuga per pro-gettare, costruire ed architettare il futuro politico del nostro spazio-città in tempo di crisi.

Link: Marco Assennato, Linee di fuga – Architettura, teoria, politica, Palermo, Duepunti edizioni, 2011