The Child Of a Creek ‘Find a Shelter Along The Path’


(Red Birds/Seahorse 2010)

Lorenzo Bracaloni aka The Child Of a Creek ama fare tutto da solo. Un eremita della musica potremmo definirlo, dato che alla terza prova sulla lunga distanza (dopo “Once Upon a Time The Light Through The Trees” del 2005 e “Unicorns Still Make Me Feel Fine” del 2007) nessuno oltre a lui ha messo le mani sulle sue composizioni, tutte scritte, cantate, registrate, prodotte e mixate nel suo studio mobile.

E di questa dimensione risente anche la sua musica, atavica, ancestrale, ma popolata di spiriti. Sembra provenire da un antro nelle pancia oscura di una montagna incantata, una dimensione lisergica tra immaginari bucolici e fiabe orrorifiche.

Siamo nei territori del folk più oscuro e psichedelico, influenzato pesantemente dai cultori del fingerpicking, da James Blackshaw ai lavori solisti di Egle Sommacal, senza dimenticare Boduf Songs ed il gran maestro John Fahey. Ma questo “Find a Shelter Along The Path” racchiude ben altre stratificazioni ed una strumentazione vastissima che solo se immaginata tutta nelle mani del solo Bracaloni fa realizzare a pieno quanto sia stato imponente il suo certosino lavoro di cesellatura di questo affresco sonoro. Si pensi solo che in questo album egli suona chitarra acustica, chitarra elettrica, flauto, sitar, balalaika, piano elettrico, sintetizzatore e percussioni.

Il freddo paesaggio invernale abbozzato nella copertina di Renèe Vugs è il perfetto commento al disco. Passo dopo passo seguiamo il cantautore livornese camminare in mezzo alla neve (Winterland), mentre il vento gelido dell’Appennino soffia tra i suoi lunghi capelli (Where The Cold Wind Blows) e la fioca luce solare tenta timidamente di farsi strada tra le nubi (The Golden Light). Giunti in vetta alla montagna (On The Shoulders Of The Tall Mountain) Bracaloni ammira il silenzio dilatato e fisso delle valli sottostanti (The Silent Valley) baciate dalla prime luci dell’alba (Aurora). È il cammino dell’uomo che torna alla sua dimensione naturale, con i lupi come ancestrali, unici amici (Wolves Are Good Friends). Un cammino dolente, nel quale si deve fare i conti con la profonda solitudine dell’essere (Sad Song Of The Season) prima di potersi fondere con la natura stessa (Secret Passages).

Un disco di splendida consapevolezza e densità di un artista fuori dal tempo che proprio per questo motivo suona come un’ode ad una dimensione spaziotemporale che stiamo perdendo. L’ibernata bellezza della musica di Mr. The Child Of a Creek è ammaliante, l’auspicio è che questo gioiellino non resti seppellito sotto la coltre dell’ignoranza.

Voto: 8

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