Bar La Muerte

Quattro chiacchiere digitali con Bruno Dorella della Bar La Muerte.

 

 

 

 

 

 

Di Marco Paolucci

uccio12@hotmail.com

07/02/2010: Continua l’esplorazione di Kathodik nel panorama delle etichette indipendenti italiane. Questa volta lo sguardo si indirizza all’etichetta Bar La Muerte, alfiere indefesso da qualche anno della promozione di artisti fuori dagli schemi come Bologna Violenta, di uscite che contaminano noise, avant, rock, cantautorato, con passione e competenza. Scambiamo le nostre consuete quattro chiacchiere digitali con Bruno Dorella, deus ex-machina della label oltre  che eclettico musicista polistrumentista in formazioni quali Bachi da Pietra, Ovo, Ronin.

 

1) Quali sono le origini dell’etichetta? Come è nata l’idea? Quali ispirazioni ci sono state? A quali modelli, se ci sono stati, si è fatto riferimento?

(nella foto Bruno Dorella al Tagofest) Avevo 24 anni, avevo appena esplorato il mondo della “musica come lavoro” coi Wolfango. Mi rimanevano dei soldi e la voglia di non fare altro nella vita che suonare e fare musica. Inoltre avevo una buona dose di sconsideratezza e l’arrogante pretesa che il mondo non avrebbe potuto fare a meno dell’etichetta dell’ex batterista dei Wolfango… Così ho iniziato. Nessun modello, nessuna ispirazione, solo tanta ingenuità. Pensa che il primo disco è stato il 7″ delle Allun, che ho fatto come regalo di compleanno a Stefania (cantante del gruppo…). Per essere stata una cosa così informale se ne è parlato anche molto!

 

2) Come scegli le produzioni?

(nella foto ?Alos) All’inizio volevo principalmente produrre i miei gruppi, quelli di Stefania e quelli di amici che mi davano una mano, tipo i RUNI. Poi i miei gruppi sono passati ad altre e migliori etichette, così come alcuni dei gruppi che ho prodotto all’inizio (vedi Bugo). Ora continuo a produrre le cose di Stefania (?Alos) e vorrei produrre meno gruppi, ma lavorarci meglio.

 

 

 

3) Come scegli i gruppi?

(nella foto gli Ovo nella loro casa) Il fatto di conoscersi è fondamentale. Non per “mafia” o per “produrre solo gli amici”, come direbbe il tipico italiano piagnone, ma per due motivi fondamentali: 1) Non faccio contratti, una stretta di mano e la parola d’onore tra gentiluomini e gentili dame. Per questo è ovviamente necessario conoscere bene chi hai di fronte, e nessuno ha mai avuto di che lamentarsi del mio comportamento. Quando Bugo è andato alla Universal mi sono fatto da parte senza nulla chiedere… In più, gli artisti sono sempre proprietari dei master. 2) Io giro a suonare tutto l’anno. Se non ci siamo mai incontrati, significa che non fai parte della scena. Punto. Se fai parte della scena ti conosco, o ti conoscerò. Far parte della scena significa semplicemente sbattersi, andare ai concerti, suonare , organizzare. Non ho nessuna intenzione di produrre gente che se ne sta a casa credendosi troppo brava o troppo orgogliosa per uscire là fuori e fare qualcosa per sè e per tutti gli altri.

4) Come sono i rapporti con i musicisti?

Come dicevo prima, si crea subito un rapporto di amicizia e di stima. Non potrebbe essere altrimenti, visto che non stiamo parlando di business ma di passione…

 

5) Cosa pensi delle coproduzioni?

(nella foto Bruno Dorella in versione Ventolin Orchestra) Uhm, tema spinoso. Da un lato sono state la forza motrice dell’underground degli anni 90. Oggi però con la crisi sono un po’ perplesso. Mi sembra la scusa che adottano tutte le etichette per non morire. Quasi nessuna etichetta indipendente ed underground oggi può permettersi una produzione. Dico UNA SOLA. I dischi di musica sperimentale, eterodossa, estrema, trasversale te li tieni in casa. Si crea così una pericolosa spirale. Non vogliamo mollare, smettere di produrre. Per continuare a produrre e permettere a certi dischi di uscire si fanno le coproduzioni, ognuno mette pochi soldi. Ma chi investe poco lavora poco, è la legge del mercato. E la maggior parte di queste supercoproduzioni cadono nel vuoto. Mi viene in mente qualche eccezione, tipo X-Mary o Laghetto. Ma lì è stato merito dei gruppi, che si sono fatti conoscere suonando molto dal vivo.Onestamente, oggi come oggi, pur continuando a fare coproduzioni, le guardo con sospetto.

 

 

 

6) Quali pensi siano state, analizzando questo primo spaccato di uscite, le produzioni migliori targate Bar La Muerte? Quali le peggiori?

(nella foto gli Ovo) E’ difficile per me giudicare. Voglio bene a tutte. E poi in che senso migliori o peggiori? Se parliamo di vendite, le migliori sono quelle degli OvO. Ma ci credo, facciamo 100 concerti all’anno… Non credo che abbiamo venduto molto nei negozi. I dischi che hanno venduto di meno poi sono anche quelli a cui sono più affezionato. Se parli di qualità mi è davvero impossibile giudicare, sono troppo coinvolto. Comunque il disco a cui resto più affezionato è sempre il numero 1, il 7″ delle Allun… che delirio, non sapevamo minimamente cosa stavamo facendo. Quando siamo andati a fare la “lacca” del vinile il tecnico si metteva le mani nei capelli!!!

7) Con chi ti è piaciuto collaborare?

E’ una risposta ovvia, ma tutte le collaborazioni mi hanno dato molto. In questo momento sono molto contento di quella con Bologna Violenta. Nicola è molto affidabile, sempre pronto a fare la sua parte per dare una mano, e i risultati si vedono, il disco sta andando benissimo.

8) Con chi vorresti collaborare?

Posso dire Tom Waits, Diamanda Galas e Neurosis? O devo essere realistico?

 

9) Come vedi la scena musicale italiana?

Fervida, come sempre. Il problema della scena italiana non è qualitativo, la buona musica c’è. Ma c’è anche un forte provincialismo da parte dei gruppi ed una conseguente diffidenza da parte degli addetti ai lavori stranieri, il che è un vero peccato perché si riversa anche sui gruppi che invece sarebbero pronti per essere internazionali.

 

10) Come vedi la scena live italiana?

(nella foto Bruno Dorella in trio con Daniele Brusaschetto in uno squat nella Repubblica Ceca nel 2001) I locali buoni non sono molti, quelli meno buoni potrebbero sopperire con un po’ più di professionalità. Spesso un locale pensa che dovresti essere contento perché ti ha dato una buona cena. Ma se poi la situazione tecnica fa schifo, non è stata fatta promozione, viene poca gente e ti fanno problemi a darti anche quei pochi spiccioli che avevi chiesto, allora quel piatto di pasta mi va pure per traverso! La scelta dei gruppi da parte dei locali è spesso codarda. Gruppi locali solo per fare incasso, cover bands, gente che paga per suonare (vedi i famigerati concorsi…).  Inoltre la legge italiana sui decibel per la musica dal vivo nei locali è ridicola. 96 decibel di limite… Mi diceva Jacopo degli Zu che ha provato a suonare il suo rullante senza microfono vicino ad un rilevatore di decibel: faceva più di 100 decibel! 

11) Progetti futuri?

Produrre meno ma produrre meglio.