U.N.O. ‘Poi dice che U.N.O. si butta a sinistra…’


(Quickflow Records/Alkemist Fanatix Europe/Code 7 Distribuzioni 2009)

Cosa hanno in comune Totò, Mario Brega, Andrea Ra e Zack De La Rocha? Sulla carta praticamente nulla, eppure i romani U.N.O. prontamente ci dimostrano che ci sbagliamo, di grosso anche.
Sì, la band romana unisce cultura pop, riferimenti musicali di alto livello e battute a raffica in un miscuglio rock aggressivo dallo stampo molto italico, ma non certo per questo banale. Anzi, la band si gioca subito due pezzi da novanta in apertura; un momento più aggressivo come Ma(t)rx e uno più melodico, Silenzio, guarnito da un pre-ritornello che vi si attacca in mente e non si stacca più (guardavo sempre giùùùùùùùù).
Dopo questo attacco doppio, ci si aspetterebbe che l’album prosegua sullo stesso livello, e per quanto Geronimo (e la intro Teschi e Ossa recitata dal sempre gradevole Andrea “Ra” Finocchi) sia chiaramente un pezzo su cui la band punta parecchio, personalmente l’ho trovato un po’ noioso da un punto di vista melodico, sicuramente originale il testo che vede una sorta di vendetta personale portata dallo spirito di Geronimo contro le ingiustizie perpetrate dal governo americano.
Molto meglio riesce l’esperimento pseudocubano (e di dove sennò?) Il Dottor Ernesto, che unisce buona tecnica a testi in italiano dalla resa ben superiore rispetto alla media di produzioni del genere.
Purtroppo, da qui in poi le cose non migliorano e puntualmente giunge il redde rationem; gli ultimi pezzi non convincono in pieno come i primi. Gli Anni di Pongo porta la similitudine con il fu gruppo di Zack de La Rocha fin troppo lontano e Verità Elastica non è male ma non entusiasma. La spirale discendente è ulteriormente confermata da tutto ciò che segue alla decima traccia, effettivamente l’ultima dell’album, una sezione denominata ‘Sentieri di versi’, rilasciata ad onore della band sotto licenza Creative Commons, che si dilunga fin troppo non lasciando granché nell’ascoltatore, restando in un limbo tra critica sociale/politica e musica.
Alla fine però, la band romana dimostra di essere più della somma di singoli episodi poco riusciti, portando avanti un messaggio efficace condito da ottimi testi e una musica che difficilmente lascia indifferenti, riuscendo nel non facile intento di proporre qualcosa che non risponda a nessuna attuale logica di mercato e, anzi, proponga anche qualche idea buona. Loro son d’un’altra razza, son bombaroli.

Voto: 8

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