Owl City ‘Ocean Eyes’


(Universal Republic 2009)

La storia di Adam Young, alias Owl City, è piuttosto indicativa dei nostri tempi. Il musicista nativo di Owatonna, Minnesota, ha dato vita al progetto in questione nel 2007 dal seminterrato della casa in cui viveva assieme ai genitori. Qui l’insonne Young, circondato da svariate tastiere e da un pc, trascorreva le serate a registrate le sue composizioni, pubblicandole poi su YouTube. Dopo un paio di lavori autoprodotti (“Maybe I’m Dreaming” e “Of June”, entrambi del 2008), il successo inaspettato, in rete, della sua Hello Seattle lo ha segnalato all’attenzione della Universal Republic, che ha deciso di metterlo sotto contratto.
Il risultato è questo “Ocean Eyes”, composto di dodici tracce all’insegna di un pop elettronico che ha nei Postal Service la principale fonte di ispirazione. Con una importante differenza: mentre “Give Up” (2003), unico (per ora) lavoro del duo composto da Ben Gibbard (Death Cab For Cutie) e Jimmy Tamborello (Dntel) riusciva nell’impresa (miracolosa) di riscrivere le regole del pop sintetico, “Ocean Eyes”, quando va bene, è calligrafico (Cave In, Hello Seattle) e quando va male – ovvero la maggior parte delle volte – scade nel trash (Umbrella Beach) o nella melassa (The Saltwater Room). Non bastano la gradevole The Bird and the Worm e qualche eccentricità nei testi (Dental Care è una sorta di ode all’igiene orale) a redimere dalla propria mediocrità l’opera di Young, destinato, temiamo, a restare una delle tante (troppe?) odierne meteore da web.

Voto: 4

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