Trivo ‘Emoterapia’


(Autoprodotto 2008)

Rocco Triventi in arte Trivo me lo immagino come un folletto di quelli che a bizzeffe operano nelle soffitte e negli scantinati italici e con una chitarra, qualche pedale e un computer provano a far musica senza conoscerne le complesse basi matematico – armoniche ma si muovono a tastoni alla ricerca di una non meglio precisata forma d’onda. Il cantautore foggiano esordisce a trent’anni suonati con un’autoproduzione casalinga a tutto tondo (booklet compreso) che frulla di tutto e di più: elettronica fai da te, pop, folk, rumorismo caotico, squarci cinematici e chi più ne ha più ne metta. L’approccio è quello a bassa fedeltà dei primi Pavement o di Daniel Johnston, ma le contaminazioni elettroniche ne rendono l’opera assolutamente fresca e moderna.

Il disco si compone di diciassette tracce, più o meno equamente divise tra strumentali e cantate, che configurano, a detta del cantautore, una sorta di concept album su “lo smarrimento, la caduta, la malattia, la pazzia, il buio, la fine, la cura, la risalita e la luce”. La breve intro Traccia 1 – Artista Sconosciuto esplica il senso del disco nella frase che ricorre ossessivamente tra feedback furibondi e voci distorte: “nessuno desidera essere malato, eppure tutti abbiamo bisogno delle nostre malattie, se deciderete di seguire le mie idee la vostra salute migliorerò sicuramente”. La Disciplina Delle Fermentazione è il vero inizio dell’album (in cui il nostro, ricordiamo, suona tutti gli strumenti), che ci accoglie con un rock abbastanza ordinario per poi sfigurarsi in un fraseggio electro – pop che cita i Lali Puna in maniera assai personale e intrinsecamente oscura e sghemba. Ratio Me Fugit spazia tra un’hard – rock spaziale e riff sibilanti stile Pavement rock in bassa fedeltà con tanto di finale ambientale tra grilli e zanzare. Ho Un Gatto Nel Cervello ha un ritornello irresistibilmente pop lo – fi, abitato da vocine e sibili che si deforma in un passeggio cinematico prima di prendere ritmiche degne del miglior Bugo (qui deve anche la vena triste e criptica della sua scrittura). The Darkest Side Of The Dark è un intermezzo trip – hop ambientale che fa da ponte verso Ho Bisogno di Qualcosa Di Cui Non Ho Bisogno, distorcente melodia pop che inneggia a un malessere interiore esteso ma inestirpabile. Tu Non Sei Normale è un flash pianistico acido che delira nel finale in maniera pattoniana. Nero è il punto più oscuro del disco, soffocante, lento, ma comunque abbagliante nella sua semplicità e limpidezza. La Mia Donna è Un Pagliaccio Opulento è un intermezzo dalla ritmica potente e accattivante, tra power – pop e tendenze techno che presto lascia spazio all’elettronica degenerata di Talking To Vanvera, tra cambi di ritmo psichedelici e sprazzi di marranzano (?). Perché La Cattiveria è Enorme è un pastiche trip – hop oscuro e deforme, più Tricky che Massive Attack. Questa Non è Una Canzone è un divertissement folleggiante di pochi secondi che introduce Phantazomai, a metà tra l’alt – rock col cuore in mano dei Cloud Cult e singulti pianistici ambient a – là Sigur Ros deformati. La Ballata Dell’Elefante Suicida è una poesia decadente e surreale, supportata nel finale da una musichetta sghemba e graffiante. Piccola Perdita Di Sostanza Dal Polpastrello strizza l’occhio al noise industriale dei primi Sonic Youth miscelandovi intrugli sintetici. Veronica Ha Un Virus sembra una burla elettronica decadente di Elio e Le Storie Tese, mentre il disco volge al termine con Kisstarsky, dolcissima nenia di pop elettronico a metà tra Lali Puna e Sparklehorse.

Un disco che frulla tutte le influenze del nostro in un cocktail che pur inserendo svariati ingredienti ha un suo punto di raccordo nell’elettronica che pervade ogni traccia. Con una produzione adeguate potremmo essere di fronte al nuovo Beck. Scusate per l’entusiasmo ma sembra di ascoltare un’enciclopedia della musica alternativa rivista e rivisitata in chiave da un lato pre – moderna (vista la tendenza al lo – fi) dall’altro post – moderna (visto l’uso massiccio del computer). Debordante, incontenibile, volutamente eccessivo; dategli un’opportunità!

Voto: 9

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