Esteban Algora, Alessandra Rombolá, Ingar Zach ‘….de las piedras’

(Another Timbre 2008)

Il titolo, preso in prestito da un poema di Pablo Neruda, sintetizza in maniera esemplare l’utilizzo dello spazio di registrazione quale strumento che amplifica e potenzia i suoni contenuti in questo cd, donando a essi un’anima indissolubilmente legata al luogo in cui sono stati prodotti, che nello specifico è l’antica chiesa spagnola eremita de la anunciada. Pietra che si trasforma in suono, accogliendo tra le sue mura il trio formato da Esteban Algora, fisarmonica, Alessandra Rombolá, flauto e mattonelle di pietra, e il fantasioso percussionista Ingar Zach, noto, tra le altre cose, per la su militanza nel trio Looper. Come lecito attendersi, si tratta d’improvvisazioni, ma non lontane da forme più “convenzionali” di classica contemporanea, relativamente pacate e caricate di dramma interiore esploso ed espanso. L’iniziale ámbar, tutti i titoli fanno riferimento al nome di qualche minerale, disegna scenari di malinconia estrema e dolorante, con la fisarmonica che sconsolata impregna di meste lacrime la fredda e sacra pietra, e il ricordo non può che correre verso Pauline Oliveros e la Deep Listening Band, mentre il background di rumori concreti aggiunge asperità e ulteriore travaglio all’esperienza acustica, e il flauto emette falene di suono danzanti. Momenti molto belli, che rallentano il fiato e confortano lo spirito. Più classicamente impro, alabastro, con sbuffi di fiato e rimbrotti, delicatamente sottolineati dal ticchettare delle percussioni. galena incrocia e manda in collisione scie di droni, innalzando un’architettura tutta luci e riflessi abbaglianti che alla fine collassa lentamente, tra cacofonie e clusters rombanti e scuri. Gran lavorio percussivo, ora tintinnate, ora scricchiolante, ma anche improvvisamente esplosivo in turmalina, con la fisarmonica a squarciare occasionalmente lo spazio per aprire delle voragini nere. Gran disco, per niente ovvio; carico d’idee e suoni di una bellezza estrema, messi in scena da musicisti dalla sensibilità e dal tocco non comuni.

Voto: 7

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