Nicola Melville ‘Melville’s Dozen’

(Innova 2008)

Adoro la musica per pianoforte del Novecento, soprattutto quella americana. Semplificando, possiamo distinguere al riguardo due filoni principali. Uno è quello rappresentato da compositori come Gerswin, Copland, Bernstein, Barber, Gould, Bolcom, Riley, Kernis, ecc., i quali hanno tratto ispirazione dalle forme popolari del loro tempo (ragtime, jazz, blues, tango, e via dicendo) per realizzare brani evocativi della vita urbana (soprattutto delle metropoli, ma anche di realtà più rurali e meno progredite) dell’America del XX secolo. L’altro è quello di innovatori come Cowell, Cage, Carter, Antheil, Ornstein, Feldman , ecc., le cui idee hanno rivoluzionato il modo di concepire il pianoforte e hanno prodotto opere pianistiche caratterizzate da uno linguaggio prevalentemente astratto e talvolta radicale. I compositori ai quali la pianista americana Nicola Melville ha commissionato i brani contenuti nel presente cd − tra i quali vale la pena nominare Carter Pann, Augusta Read Thomas, Marc Mellits e Mark Olivieri − si inseriscono nel primo filone: la loro è una musica descrittiva piuttosto che astratta, e la realtà da loro evocata è l’America di fine Novecento e inizio del nuovo millennio. Come cambia però la realtà sociale da descrivere, così cambiano le fonti popolari a cui attingere: accanto alle forme già citate, i compositori chiamati in causa dalla Melville, ciascuno a proprio modo e con tecniche talvolta marcatamente differenti tra loro, si ispirano al rock, al funk, alla disco, ecc. Il risultato, pur nella diversità dei brani contenuti nel cd (la cui vena narrativa è arricchita dalle indicazioni presenti nelle note di copertina, che chiariscono e talvolta completano il significato dei brani), è in generale descrivibile con i seguenti termini: sorprendente, brulicante, spassoso, irrefrenabile, vitale, eccitante, come talvolta la vita odierna, lasciati da parte i problemi che affliggono ogni epoca, può essere.

Voto: 10

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