Bob Marsh “Voivox

(Public Eyesore 2008)

In “VioVox” coabitano quindici scorci elettro-acustici concretizzati da Bob Marsh (Che Guevara Memorial Marching, l’ensemble Stationary Accordion Band dove orbitano dalle 6 alle 15 fisamorniche, il duo stabile con Enesto Diaz-Infante, l’amicizia stretta con Brian Day della Public Eyesore con cui ha licenziato buona parte di questi progetti) attraverso l’appoggio equanime della coppia d’archi, violino & violoncello, della voce e di molti samples e loops, messi al mondo direttamente dalla ‘scambievolezza’ del suono acustico con un set di invenzioni brevettate personalmente: Boss Harmonizer, Kork Kaos III Pad e il Silver Park, la più giovane tra le ideazioni strumentali.
Solitamente, Marsh nei suoi lavori imbraccia anche altri strumenti acustici (il piano, l’accordion…); la scelta di combinare questi due archi e l’elettronica, studiata in principio, è risultata la più adatta per una resa armonica finale, densa e omogenea, su cui immettere parentesi vocali che, viceversa, non mostrano nessun rispetto per la precisione dei tempi e per la pulizia.
Over Time You’ll See, A Walk In The Park e Forest For The Trees si assomigliano per il livello di gracilità a cui sottopongono le corde vocali. Il mood è oscuro: una specie di dark-impro che, specialmente nel terzo caso, si espande su versanti noise and minimal; il gioco di loop originato dalle corde esplode come un frenetico formicolio di anime irrequiete. Bring Out The Dead è un’onirica allucinazione mistica; in Keep It Sample e Rain In Spain la voce, robotizzatasi del tutto, accresce il grado di asperità della materia elettro-acustica.
Un disco davvero difficile da ascoltare in un solo boccone: l’eccellenza strutturale si scontra con trame troppo complesse e ostiche, anche per gli orecchi più allenati. Uno dei pezzi migliori è sicuramente Indian Summer, dove la voce gutturale si cimenta in un mantra esotico di discreta fattura e scioltezza.

Voto: 7

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