Dome La Muerte And The Diggers

 

 

 

 

Quattro chiacchiere con Dome La Muerte And The Diggers, in concerto evento a Cosenza Per i diciotto anni di Radio Ciroma.

Di Valeria De Stefano aspettaprimaverabandini@gmail.com Michele Trotta  soswetty@katamail.com

Sabato 23 febbraio a Cosenza, per festeggiare i diciotto anni della storica” Radio Ciroma”, sono saliti sul palco i  Diggers, ovvero la nuova formazione di quel mito vivente che è Dome La Muerte. Gli strumentisti sono giovanissimi e ottimi come dimostra il tellurico impianto chitarristico di Matteo “basetta” Gioli, la batteria di Emiliano e il  basso animalesco di Diletta, in arte “Lady Casanova”.

A sentirli dal vivo vengono in mente nomi grossi del panorama rock’n roll, garage, rock blues. Qualche esempio? Gun Club, New York Dolls, Stooges, i Rolling Stones di ‘Beggars Banquet’. Dome è stato il chitarrista dei Not Moving, dei Cheetah Chrome Motherfucker e degli Hush. I Diggers sono la sua ultima trasformazione. Una trasformazione nel segno del garage blues punk più abrasivo e rumoroso. Una band che non teme nessun confronto con realtà straniere anche più famose (Heavy trash e Dirtbombs solo per dirne due). Vederli dal vivo sarà la dannazione più bella della vostra vita!

1) Hai suonato con due delle band più importanti del rock italiano (Not Moving e Cheetah Chrome Motherfucker) ed hai pubblicato in seguito dischi solisti. Hai ancora voglia di rock ‘n roll?

 

Si, perché è l’unica cosa che so fare ed è l’unico mestiere che ho voluto imparare. Ma più che di un mestiere si tratta di una malattia, infatti non voglio che i miei figli diventino rocker (risate N.d.R.)

2) Pensi che questo rinato interesse per il rock ed il garage-punk sia positivo o si corre il rischio di sfociare nel semplice calligrafismo?

 

Se viene fatto in modo canonico il revival non ha nessun senso, alcune band replicano i modelli dei sixties (quelli delle raccolte “Peebles” e “Nuggets” N.d.R.) e non apportano nessuna personalizzazione alla musica. Io con i Diggers cerco di dare una forma diversa alla mia passione per questa musica. In questo senso la mia proposta è votata all’onestà più assoluta: io amo questa musica ma non faccio il copiatino. Tieni conto che stiamo uscendo da un periodo, dalla fine degli anni ottanta ai primi anni duemila, che per il garage-punk (ma per il rock in genere) non è stato per nulla semplice.

3) Hai diviso il palco con Joe Strummer ed i Clash e con Johnny Thunders (ex New York Dolls). Quale grande del rock ricordi con più affetto?

Sicuramente Johnny Thunders, perché dietro l’icona del tossico spacconcello c’era un grandissimo musicista ed una persona molto romantica, pensa che aveva detto ad un giornalista che se non avesse fatto il chitarrista rock avrebbe sicuramente fatto il “Clown triste” (risate N.d.R.) Lui diceva sempre che nessuno apprezzava i suoi dischi acustici, e quando io gli confessai che li trovavo eccellenti mi abbracciò. Nelle date che i Not Moving divisero con la sua band fu sempre di una gentilezza estrema. Disse in un’intervista che voleva morire a New Orleans. Ed è stato così. Uno dei più grandi e più sottovalutati di tutti i tempi.

4) Cosa ascolti oggi: solo dischi “datati” o trovi interessanti anche le giovani band?

 

Innanzitutto, a parte me (che compio cinquanta anni a breve) io ci suono in una “giovane band”, poi credo che non ci sia in giro tutta questa novità. Se pensi che io nel 1980 con i Cheetah Chrome Motherfucker suonavo hardcore-punk prima che questo genere venisse effettivamente inventato capisci che nel rock la parola “moderno” non ha quasi nessun senso.

5) Come è cambiato in trentanni il rock italiano?

Quando io ho cominciato con i Not Moving i gruppi non erano moltissimi e non erano molti neppure i posti dove suonare. La scelta di molti gruppi di cominciare a cantare in Italiano è stato un punto di svolta: noi (i Not Moving) ed altri preferimmo rimanere legati alle liriche in inglese, anche per non precluderci la possibilità di tour all’estero. Altri scelsero, per ragioni loro, l’italiano. Penso che questo è stato l’evento fondamentale che ha portato poi alla situazione attuale.

6) Il tuo myspace permette di ascoltare i brani dell’ultimo disco ed offre una succinta biografia delle tue molte esperienze musicali. Ma tu come giudichi l’ingerenza delle nuove tecnologie nelle dinamiche che portano una band al successo?

Premetto che il mio rapporto con internet è come quello di Totò e Peppino con le lingue straniere (risate N.d.R.). D’altra parte non si può essere miopi e far finta di niente: internet permette di far arrivare la tua musica a moltissime persone. Il vero problema è che gli utenti della musica digitale non si affezionano più al supporto fisico. Una volta l’uscita di un disco era un evento che ti poteva cambiare la vita per mesi. La mia generazione è stata feticista per quanto riguarda i vinili,  la scoperta di un nuovo gruppo, magari straniero e dal nome impronunciabile, ci riempiva di gioia. Non vorrei essere preso per un vecchio (risate N.d.R.) ma ora la musica si consuma troppo in fretta.

7) Molti personaggi cardine del rock italiano (Federico fiumani, Tony “Face” Baiocchi, Giulio E. Casale ed altri ancora) hanno scritto libri dove parlano delle loro carriere. Tu non ci hai mai pensato?

Non ne vedo il bisogno a dire la verità. Me lo hanno chiesto già dieci anni fa ed ho detto: “no, grazie!”. Non voglio sembrare un vecchio rincoglionito (risate N.d.R.) che straparla su come si era fighi e su come si suonava tanti anni fa. Sento che quello che posso dire posso dirlo solo suonando.

 

8) Come mai hai deciso con i tuoi vecchi compagni di gruppo di riportare in giro i Not Moving?

La GoDown, che è anche l’etichetta che cura i miei dischi attuali, premeva per pubblicare un nostro live postumo. Quando i vecchi amici della band mi chiamarono risposi di no, poi accettai ma precisai che le date avrebbero dovuto essere solo dieci. Non mi piace portare in giro i cadaveri, ed anche se i Not Moving sono stati una grande band non c’è bisogno di rimetterli in pista a pieno servizio. Sono contento però della qualità delle registrazioni live, visto che molti dicevano che i dischi in studio non ci rendevano giustizia, ora avranno fra le mani delle ottime incisioni live.

9) I tuoi cinque dischi per tutta la vita?

1) Jimi Hendrix: Are you experienced (la mia infanzia)

2) Beatles: Sergeant Pepper and lonely hearts club band (I migliori)

3) Rolling Stones: Aftermath (il blues ed il rock!)

4) The Gun Club: Fire of love (per anni i Not Moving sono stati chiamati i Gun Club italiani!)

5) The Cramps: Gravest Hits (loro mi hanno cambiato la vita!)

Per saperne di più:

http://www.myspace.com/domelamuerteandthediggers