Frode Gjerstad Trio ‘A Sound Sight’

(Ayler Records 2007)

Che musica avrebbe prodotto Giuseppi Logan se non si fosse misteriosamente dissolto nel nulla (ma forse no…) alla fine dei Sixties?
Probabilmente qualcosa di simile a questo disco del sassofonista norvegese Frode Gjerstad, uno dei musicisti più interessanti nel panorama europeo, protagonista di numerosi e variegati progetti (ricordiamo nel 2003 la prova al fianco di Peter Brötzmann, segnata con uno dei funambolici titoli tanto cari al gigante teutonico: ‘Sharp Knives Cut Deeper’). Il trio, oltre al leader al sax contralto, vede gli americani Wilber Morris al basso e Rashid Bakr alla batteria.
L’ uscita di questo splendido lavoro, pianificata nel 1999, non ha visto la luce che nel luglio 2007; nel frattempo (2002) è peraltro avvenuta la dolorosa dipartita di Morris, contrabbassista dalla gloriosa carriera, già al fianco di Pharoah Sanders e Sonny Simmons, cui lo stesso Gjerstad dedica un affettuoso ricordo nelle laconiche note interne di copertina.
Il disco si compone di tre movimenti: Sound (30 minuti e 25 secondi), Sound Sight (3 minuti e 59 secondi) e Sight (26 minuti e 40 secondi).
Dimentichiamo le origini nordiche del leader, dunque, e percepiamo come anche qui sia ben viva, lo accennavamo in apertura, la strada maestra del Free Jazz statunitense della metà degli anni Sessanta: fraseggi sinuosi ed episodi lirici si sovrappongono senza sosta a fasi improvvisative lievemente più concitate, con in alcuni passaggi vagamente e sorprendentemente ‘regolari’. Ciò dà vita ad una caleidoscopica suite, con il breve secondo movimento a fare da collante tra gli altri due, granitici e monumentali.
Bella l’interazione tra i tre protagonisti, meraviglioso il contrabbasso del compianto Morris, tra arco e pizzicato, incisivo e mai sopra le righe il drumming di Bakr (che ha inciso con Daniel Carter e William Parker). All’inizio di ogni brano i tre sembrano studiarsi per un attimo, per poi mettersi interiormente in contatto: è evidente dall’ascolto dello splendido terzo brano, Sight, che ha un inizio molto movimentato e spezzettato, che continua a svilupparsi fino alla metà tra le frasi sghembe del sax, i ricami suggestivi del basso e il pulsare implacabile e poliritmico della batteria, per poi placarsi improvvisamente ed inaspettatamente. Il flusso musicale si ripiega, si contorce, si chiude e si riapre senza soluzione di continuità. Gjerstad sottopone la sua ancia ad un super-lavoro, producendo lievi e concitati fischi, seguito poi da un assolo all’arco di Morris e da una sortita di Bakr dal percussionismo leggero ma implacabile. Il ritorno all’improvvisazione collettiva è dettato dal sax, miagolante ed espressivo, che sta a dimostrare come il jazz nordico non sia solo quello di marca ECM, prosciugato delle radici afroamericane, ma anche quello del versatile Gjerstad, capace in questo caso di parlare un linguaggio americano anche grazie ai due prestigiosi colleghi.

Voto: 7

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Autore: belgravius@inwind.it