E. Diaz-Infante/M. Fernandes/R. Montoya/R. Romus ‘Reverberations From Spring Past’

 

(Pax Recordings
2006)

 

Un ponte creativo che collega
San Francisco e San Diego, città in cui agiscono quattro
figuri particolarmente attivi nell’ambito dei suoni più avant
della West Coast, per generare una jam impro che mescola in egual
misura jazz, digital processing, field recordings, folk minimale. Un
quartetto di musicisti idealmente guidati da Ernesto Diaz Infante,
che vede all’opera oltre al gran patron della Pax Recordings che qui
si prodiga alla chitarra acustica, il sassofono (ed altro) di Rent
Romus
, e due membri del ben noto collettivo Trummerflora,
Robert Montoya e Marcos Fernandes, rispettivamente alle
electronics e alle percussioni (ed altro). Frutto di un mix di
sessions live e in studio, svoltesi durante il Spring Reverb 04
di San Diego, la musica qui contenuta è all’insegna di
contrasti molto marcati tra gli stili e i backgrounds dei personaggi
coinvolti. Contrasti che a volte sembrano quasi fare a pugni tra di
loro in quella collisione continua tra lo strimpellare ossessivo di
Diaz Infante e il jazzeggiare acido e spiritato di Romus svolta su un
background fatto di ritmi frantumati ed un variegato e rumoreggiante
microcosmo a base di scricchiolii, fruscii, synths impazziti e
brandelli di suoni più o meno trasfigurati. Senza contare le
frequenti incursioni di sonorità rubate al quotidiano. Il
brano d’apertura è abbastanza sconcertante essendo basato
quasi esclusivamente su un sax che cerca invano di andare d’amore e
d’accordo con un riff, uno e unico, di chitarra ripetuto in maniera
quasi ossessiva. A dirla tutta, la chitarra di Diaz, con la sua
scelta stilistica di suonare usando accordi reiterati e ridotti al
minimo, quasi a voler sempre cercare un effetto di stordimento
sensoriale, caratterizza nel bene e nel male tutto il disco, ma i
risultati in questo brano non entusiasmano affatto. Per fortuna si tratta del momento peggiore, per giunta posto all’inizio
consentendo così di passare subito oltre. Infatti va molto meglio nel
resto del disco, grazie anche al più sostanziale contributo di
tutti i membri coinvolti ed a trame sonore maggiormente elaborate. My
objectivity, your subjectivity
è caratterizzata dal
baluginare di bleeps e voci aliene, percussioni ed effetti
vari sembrano sgretolarsi e ricomporsi continuamente, mentre la
chitarra, qui più nervosa e riuscitamente claustrofobica apre
le porte ad un sax che sembra agitarsi da lontano. Who created
the canon?
propone un tappetto di ritmi mutanti, indefiniti ed
ostinati, punteggiature chitarristiche metronometriche, electronics
che strisciano come serpenti a sonagli ed ancora il sax che
meditabondo tratteggia atmosfere malinconiche e fumose, quasi
incurante di quello che accade intorno. Sicuramente il momento
migliore del cd. Chiude la lunga jam dal vivo in due parti di An
offering of interconnectedness
. Sonorità non dissimili
dal materiale che l’ha preceduta, gli incontri/scontri tra chitarra
e sax ancora più in evidenza ed un’atmosfera da serata a metà
tra lo sciamanico ed il tecnologico. Magari non “la
fine del mondo” ma comunque un ascolto stimolante.

Voto: 6

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