Enrico Palandri ‘Boccalone’

“Una storia vera piena di bugie”

 

 

 

 

 

 

 

 

Prima di Tondelli e dei suoi ritratti croce e delizia degli Anni Ottanta, prima dei baby Brizzi, Ballestra e compagnia bella, giovani rampolli dei Novanta, c’è “Boccalone”.
Contemporaneo all’altrettanto seminale “Porci con le ali”, ricordato dallo stesso Pier nel suo zibaldone “Un weekend postmoderno”, se proprio vogliamo trovare le radici di tutta la letteratura (…e cinema…) cosiddetta generazionale degli ultimi trent’anni, è qui che bisogna cercare.
Enrico Palandri, autore, narratore e protagonista al contempo, è Boccalone: la bocca è larga e perde di continuo, così come il cuore; fiumi di parole e pensieri e sentimenti sparsi ai quattro venti e a chi ha voglia di raccoglierli, verità o bugia non fa differenza, perchè il tempo offusca anche le immagini e i ricordi degli eventi più importanti, ma non può sanare il solco che questi lasciano dentro.
Enrico da una parte e la bella Anna dall’altra, “Boccalone” è il racconto di una storia d’amore descritta con l’amarezza di chi ne conosce già la fine: dai primi incontri nelle piazze della Bologna universitaria settantasettina (quanti abusi in seguito di questa scenografia! ma questo il giovane Palandri non poteva saperlo…), passando per un culmine d’amore e di sesso in giro per l’Emilia, il Veneto e la Spagna, fino all’inevitabile separazione e conseguente dolore, forza motore della stessa realizzazione del libro.
E sullo sfondo, o meglio di fanco alle vicende narrate, c’è la politica: il terrorismo nella Bologna di Boccalone non esiste veramente, ma arriva nel libro attraverso la televisione, i giornali e le voci di conoscenti, un mondo lontanissimo dagli eventi tra cui l’autore si muove: tutto l’interesse di Enrico è saturato da Anna, non c’è posto per nient’altro, ed infatti gli unici momenti in cui il protagonista partecipa a riunioni di collettivo, incontri alla radio e alla stesura di ciclostilate riviste clandestine sono quelli in cui Anna, per un motivo o per l’altro è assente.

Un libro nato quasi per caso, senza pretesa letteraria alcuna, scritto da un ragazzo poco più che ventenne il cui unico scopo è quello di liberarsi di un fardello troppo pesante, un pò come scrivere per rielaborare ciò che è stato e finalmente superarlo.
E per di più ricorre con frequenza la negazione della figura dello scrittore, in quanto professione nè migliore nè peggiore di qualsiasi altra, dal muratore all’avvocato; esemplare in questo senso il finale della dedica all’inizio del libro: “A quelli che capiranno che questo non è un romanzo e che io non sono uno scrittore, che di stronzi è già pieno il mondo”. Una frase ritrattata in seguito, man mano che arrivavano i trent’anni, e i quaranta…segno di maturazione certo, ma come non rattristarsi di fronte alla perdita di impudenza, di sfrontatezza e di ingenuità che il crescere comporta?
Come dice lo stesso Boccalone, il libro è un collage di “frammenti di culture devastate”, espressione di una generazione ancora priva della sua “letteratura”: ironia della sorte, Palandri diventerà davvero uno scrittore, e la sua una delle massime e più influenti espressioni della letteratura di quella generazione.
Le innovazioni non mancano, a partire da un linguaggio elementare, privo di qualsiasi artificiosità e retorica; uno stile a tratti secco, fatto di spezzoni di frasi e pensieri soltanto accennati, a tratti che straripa in fiumi di parole e sentimenti: in entrambi i casi sempre sincero e col cuore sanguinante in mano, non per questo privo di ironia, infantile e immaturo come si confà all’età.
Fanno sorridere poi gli intermezzi di autocritica grammaticale, fusi col resto della narrazione, relativi all’incapacità di rinunciare agli “io”, ai “poi” e ai “comunque”, di utilizzare tempi che non siano al passato e così via, con il tutto che contribuisce a dar forza ad un altro personaggio vero e proprio nel libro, il Palandri narratore, diverso dal Palandri protagonista delle vicende.

Come “Io e Annie” di Allen (capolavoro) anche “Boccalone” (altro capolavoro) è una appassionata ma disincantata autopsia di una splendida storia d’amore, fatta col senno di poi, quando si è superata la fase della disperazione ma il dolore dentro brucia ancora forte.
Un libro che non può non piacere a chiunque nella vita sia stato, almeno una volta, davvero innamorato.