Clue To Kalo ‘One Way, It’s Every Way’

(Leaf / Wide 2005)

Clue To Kalo atto secondo.
Dopo il non brillantissimo “Come Here When You Sleepwalk” del 2003 le
quotazioni della formazione australiana sembrano essere in notevole rialzo.
Mark Mitchell (intestatario unico della sigla fino a poco tempo fa) sembra
aver imbroccato la strada giusta, niente di trascendentale per carità,
però tutto sommato; un valido esempio alternativo (e uno!) di scrittura
indie.
Perfetto compendio per giovani rockers malinconici o altrettanto valida
alternativa (e due!) per acusticheggianti ricreazioni primaverili; il sole
ancora un pelo tiepidino c’è tutto.
Scrittura magistrale; sorprendente non poco.
Connubio elegante e calibrato, atmosfere vagamente Velvet, umori elettronici
tenui e divagazioni quasi jazz soffici come panna montata.
Tende ad essere malinconico senza essere svenevole (pregio 1), si aggira in punta
di piedi dalle parti di certe influenze alte senza essere due palle
tante
come spesso accade (pregio 2); potrebbe divenire con qualche piccolo
aggiustamento di tiro una delle sigle più calde dei prossimi tempi
(e vendere parecchio anche).
Certi passaggi chitarristici stirati dolcemente per i capelli (odor di JJ Cale),
vaporose zone d’ombra (odor di Talk Talk), elettronica povera sullo
sfondo; furbo veramente Mark.
Ma non è un’ingiuria; anzi.
Furbo e bravissimo!
Operina sottile e divertente “One Way, It’s Every Way”, rischia di tramutarsi
in uno di quegli album che nei momenti di stanca ti si intrufolano
in casa e poi non se ne vogliono più andare.
Delicatamente ti cortocircuita, averci sentito dentro Wyatt e contemporaneamente
i Four Tet qualcosa vorrà pur dire no?
In futuro potrebbe tentare il colpo gobbo senza problemi (e riuscirci pure).
Gradevole frutto ancora leggermente acerbo.

Voto: 7

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