M. Claudia Rampiconi ‘Imperfezione: Il Fascino Discreto Delle Cose Storte’

 

 

 

 

 

 

 

Di Manuelita Marcantonij

manuetc@libero.it

L’originale saggio documenta, (affrontandolo e incrociandolo in analoghi itinerari), un segmento del percorso di analisi della comunicazione mass mediatica di questi ultimi dieci anni e delle testimonianze più o meno volontarie che percorrono lo sviluppo della dimensione etica ed enigmatica dell’estetico “non convenzionale”.

Approfondendone lo scavo collaterale e complementare che l’argomento comporta, per sinteticità, mi rifaccio a  Dürer: “Che cosa sia la bellezza non lo so”.

L’interpretazione del bello non è più subordinato alle regole formali dell’estetica convenzionale in un mondo disperso, latente e non ancora ben codificato come quello pubblicitario.

L’imperfezione finora riconducibile al concetto di ”non perfezione” oggi sembra aver assunto una nuova connotazione, quella di una nuova estetica, la ricerca del particolare di quel accessorio importante che facilita la propria conoscenza di sé e che fa si che non si risulti mai inosservati ma che al contrario si risulti di “tendenza”. L’imperfezione, in questo caso, non è più artistica, come si soleva finora rapportare questo concetto ma l’imperfezione è si, riconoscere i propri limiti per riuscire a convivere meglio con se stessi e con gli altri, ( visto che oggi si è spettatori di una non vita), ma è anche guardare in faccia alla realtà e magari appunto nell’imperfezione riscoprire un qualcosa di nuovo ma non meno più prezioso ed importante.

E’, dunque, sullo sfondo di una società che rapidamente – e non senza dubbi ed interrogativi – sta modificando i suoi confini e la sua identità, che il saggio si colloca.
“Imperfezione: il fascino discreto delle cose storte”. Ecco trasformato in un segnale “nuovo” l’estremo messaggio lanciato da Dürer.

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Costo euro 15