The Boats ‘We Made It For You’


(Moteer / Baked-Goods / Wide 2005)

Non è ancora svanito il ricordo del loro primo lavoro ‘Songs by the Sea’ che i The Boats decidono di deliziarci con un’altra piccola gemma di assoluta ispirazione. Stessa etichetta (la sorprendente Moteer), stessi elementi a disposizione, stesso piacevole risultato.

Il nuovo lavoro si presenta meno intriso di quella atmosfera bucolica a la Mùm, più delicato e sereno, senza nessuna traccia vocale, perlopiù costruito sulle variazioni di un tema ricorrente eseguito al piano e condito, ora di timidi beat, ora di glitches davvero minimi. Profondamente intimo. Come i nomi che compongono la tracklist e a cui, probabilmente, sono dedicate le quattordici tracce. Come il gracile affresco che si colora dinanzi a noi durante l’ascolto.

Provate a estrapolare brevi fraseggi dai brani meno noti di un Sakamoto o di un Deupree nelle sue più sommesse giornate, giocate a rincorrere una melodia senza renderla mai banale, processare il tutto per mezzo di un laptop. Ecco ci siamo, il disco dei The Boats è una roba del genere, ma pervaso di una grazia che difficilmente può essere dettata in due righe e che, comunque, non capita tutti i giorni di trovare.

Mum and dad potrebbe essere il sunto dell’intero cd, l’intreccio di piano e corde, il ritmo che lievita lentamente e va via altrettanto in sordina, un struttura riuscita poi ripetuta in alcuni brani successivi (Bob, Ben And Kipper). Altrove, Darren e Bobbin si compongono di quelle sonorità cupe che richiamano lo Squarepusher più tranquillo (Tommib ad esempio) e introverso. Andrew And Lynsey è una ninna nanna appena sussurrata.

E la migliore descrizione di ciò che è contenuto nel disco la danno gli stessi autori nelle note di copertina: “we made it for you out of love on a saved orphaned piano. its rusty, out of tune strings, beaten by dust covered hammers on an unstable creaking floor. the vibrations of its soul captured one last time”. Auguriamoci che non sia poi davvero l’ultima.

Voto: 8

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