Theramin ‘We Were Gladiators’


(Psychotica Records / Goodfellas 2004)

Che cosa ti viene in mente, quando ti capita fra le mani un disco in cui c’è un elemento del gruppo “figlio d’arte”? Personalmente non mi fa una buona impressione. Soprattutto se i suoi partecipano al suddetto disco. Ora la domanda è: ciò va applicato anche a questo trio prettamente math-rock? L’ombra che sovrasta il gruppo è quella degli UzedaBellini di Giovanna Cacciola, che canta in In My Place e di Agostino Tilotta che imbraccia una chitarra (sorprendentemente!) classica nella seconda Near By The Saint Leonard River. Analizziamo, partendo da questa ultima: si distacca molto chiaramente dal resto del disco, e anche dal genere musicale, in effetti, sembra una specie di manifesto dei Theramin: si compone solamente della già citata chitarra non-elettrica (che alterna ondate di arpeggi intrecciati con pause disposte sapientemente in rapporto alla voce recitante), e anche di -parlavamo di special guests!- Mr. Etna (sí, il vulcano), ribollendo in sottofondo. L’atmosfera di Near By… è strettamente intimista: il vulcano è come una figura protettrice della terra (siamo a Catania), mistica e silenziosa, se non per il perpetuo movimento dei fiumi di fuoco sotterranei che accompagnano la traccia. A questo stato di quiete surreale vengono contrapposte le fottute parole. “But there are always words” si dice con tono seccato, che create parlando, piangendo, cantando, rovinano tutto. C’è però una scappatoia: “just play with the words: not so serious and intelligent words…” e inoltre, come dice il pescatore vicino al fiume San Leonardo, “Don’t think too much. Play with the speed of your brain and simplicity of your heart”.
Ed effettivamente di velocità ce n’è parecchia in tutto il resto del disco, che viaggia al ritmo dei pensieri (di semplicità non so se ce n’è altrettanta, ma di cuore mi sembra di sì), come vuole la scuola math, rendendo aguzzi gli spigoli e alternando ritmi e stati d’animo e suoni, come in Butterfly Wings Over Computer, dove Stefano Garaffa Botta, il cantante e chitarrista, ora urla ora si intrattiene in lagne lanciando note e accordi alternativamente a destra e a sinistra dell’ ascoltatore. O come nella “saltellante” 1 + 1 Doesn’t Always Make 2, di seguito. O anche come nella succitata In My Place, dove la madre di Sacha Tilotta, il batterista, interpreta il pezzo in cui viene inserito un intermezzo che sembra provenire da tutt’ altro sitio, amalgamandolo con maestria, con l’indispensabile aiuto del basso di Michael Herman. Concludendo: un lavoro molto personale per il terzetto, che si dimostra molto affiatato, e un buon disco d’esordio

Voto: 7

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