Kelvin + Vel + Motopolkablacksamba

“Sensazioni da una serata memorabile” – Live al C.s.a. Sisma di Macerata, 14 maggio 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di Alessandro Gentili

alealeale82@yahoo.it

Il Report Dei Kelvin è di Diego Accorsi

daccorsi@hotmail.com

Sabato 14 maggio, C.s.a. Sisma di Macerata, in cartellone i Kelvin da Padova e i torinesi Disco Drive, recentemente osannati dalla critica per il loro fresco fresco “What’s wrong with you, people?”, e che vedono al basso Andrea Pomini, giornalista di rilievo di Rumore e boss della Love Boat Records: insomma, una serata di tutto rispetto.

Ore 23 circa, arrivo al centro sociale, una bella folla già nello spiazzale di ingresso, ci si fa largo, si arriva alla porta… e un messaggio appeso: “causa incidente non ci saranno i Disco Drive, suoneranno Motopolkablacksamba, Vel e Kelvin … ora, dico io, non fai in tempo a incazzarti per l’assenza dei Disco Drive, per i quali ti sei fatto circa sessanta chilometri di strada, che un nanosecondo dopo, anche meno, bastano quelle tre lettere, V, E, L, a lasciarti a bocca aperta e a farti dimenticare i torinesi in questione… “I Vel?!?!” … “Ma non s’erano sciolti?!” …”Daje, sarà un altro gruppo!”… e invece no, sono proprio loro, di nuovo sul palco dopo circa due anni, e per il sottoscritto sarà la prima volta per ammirarli dal vivo, dopo aver consumato letteralmente i loro cd sul lettore.

Tempo una mezz’ora e aprono le danze i civitanovesi Motopolkablacksamba in formato small, chitarra basso e batteria senza sax, synth, theremin e arzigogoli vari; già ammirati di recente al T.N.T. durante la rassegna Bloody Springtime, non fanno altro che confermare quanto espresso sino ad oggi: un set prevalentemente strumentale con pochi slogan urlati saltuariamente, ritmiche frastagliate e sbilenche che avanzano noncuranti e imperterrite come un rullo compressore, funky, rock e jazz frullati insieme fino a produrre sonorità degne di un Frank Zappa degli anni Duemila.

Improvvisazione, controllo dei propri mezzi e tecnica, forse a tratti sembrano ripetersi un poco con passaggi reiterati e autocompiaciuti, e in sala comincia ad aleggiare un pò di noia… genere ostico il loro, un discreto set che però lascia il pubblico con pareri contrastanti.

E poi loro tre. Salgono sul palco e nonostante l’ allegria e le incitazioni, la tensione c’è. Sia tra noi che attendiamo lo show sia tra loro che lo show lo devono fare, con tutto il peso delle aspettative: primo pezzo prima bomba, Estate, tempo 15 – 20 secondi e i nostri emigrano su un altro pianeta, Francesco alla voce e alla chitarra stranamente contenuto (dopo le spettacolari e saltuarie esibizioni assieme ai Sedia) ma comunque magnetico e implicito fulcro della scena, Alessio al basso, come al solito indemoniato e posseduto dalle note, Edoardo alla batteria dallo sguardo allucinato e allo stesso tempo concentratissimo, a dettare il tempo e la potenza.

I Vel. Non c’è spazio per giudizi sul lato tecnico o sulla resa sonora, sarebbe inutile dire che la voce di Francesco non è stata proprio perfetta, o che in Buco si è udito più di uno scricchiolio, non è questo il discorso. Il discorso è che lo scopo primo della musica è trasmettere sensazioni, far venire la pelle d’oca, e Francesco, Edoardo e Alessio, con Estate, Sottana, 5° Incomodo e con pezzi ancora più datati (presenti in “2 Cardioidi con pile”) ci sono riusciti in pieno: cascate di applausi dopo ogni brano, i folli testi delle canzoni urlati in coro, e la sensazione di assistere non a un semplice concerto, ma ad un vero evento. Chiudono con il bis di 5° Incomodo supplicato dal pubblico intero, ipnotizzato e incollato a meno di un metro dal palco, alcuni anche sopra, per una vera e propria catarsi finale.

Mezz’ora circa di concerto ma intenso e denso come il marmo… alla fine c’è spazio solo per l’emozione, la nostra e la loro, i ringraziamenti, i nostri e i loro, e a me tremano le gambe. Io che i Vel li amo.

A questo punto ci sarebbe il gruppo principale, i Kelvin, ma i miei neuroni sono ormai saturi, impegnati a metabolizzare l’accaduto, incapaci e anche non disposti a lasciar posto a nuovi stimoli… passo la parola a chi più adatto…

 

Prendo il testimone del “Gentleman” e passo alla fredda cronaca. In effetti anch’io sono ancora infervorato ed emozionato per il grande ritorno dei Vel (sempre siano lodati), quando subito vedo salire sul palco altri due beniamini sonici: i padovani Kelvin. Dal check pomeridiano ho potuto già notare con gusto che la potenza espressa in cd è confermata (e potenziata) nella versione live. Eccoli qua sul palco: Walter imbraccia la 6 corde,  si posiziona un collant sul viso (che appoggerà dopo pochissimo sulla fronte con effetto puffo bi-cornuto), Anna regola il sellino, prende le bacchette, ancora un po’ per sistemare tutto e VIA! Walter comincia a sferragliare i suoi riffs taglienti, arrugginiti, semi-industriali (molto, molto Rapeman tutto ciò) mentre Anna impressiona per pesantezza di mano (cioè una ragazza dall’aspetto così angelico che sbatte quelle pelli peggio d’un metalmeccanico) e ne viene fuori un suono di batteria secco e potentissimo che mi si palesano le lettere a formare “Strap It On” e “John Stanier” sulla parete della scatola cranica. Ma non ci distraiamo: il set dei Kelvin è abbacinante, come te lo puoi aspettare se hai già ascoltato gli albums, unica variazione: pezzi più distorti e più velocizzati. Immancabili gli hits: Ocio chea pende del 70%, Ultima, Again e la “testosteronica” I Can Do. I nostri tentano di sgattaiolare ma c’è un manipolo di esaltati che li richiama a gran voce. Suonano una manciata di altri pezzi per la gioia generale, si accende un pogo sotto il palco, c’è anche chi (grande Cappella!!) prende il microfono ed urla per tutta una canzone mentre Walter ogni tanto fa capolino sul lato destro per cantare il suo testo. Alla fine siamo tutti felici e contenti, i Kelvin hanno dimostrato di essere tra i gruppi più puutenti che vi possa capitare di vedere dal vivo in questo paese. Un plauso anche alla simpatia, alla disponibilità e all’attitudine di questi ragazzi, veramente spirito HC (del resto Walter suonava con gli Antisgammo, sì proprio quelli che splittarono coi mitici Concrete) nel senso che non gli frega un cazzo di lucrare su niente (cd o concerti) e che si capisce che per loro conta solo la musica e la passione. Per chiudere citerei Marco Paolucci, com’ei era spesso uso chiudere le sue recensioni, direi: “Ce ne fossero di più di gruppi così!”

 

Diego “Magnameategadetomare” Accorsi