Finnegans Wake ‘4 th’

(Carbon 7/ 2004)

Il gruppo belga Finnegans Wake taglia il traguardo del quarto album e lo celebra
realizzando un pesante doppio cd.
La formazione si allarga a dismisura sino a 19 elementi che mettono un pelo di
tutto in questo pachiderma multicolore.
Il primo cd risulta essere legato a doppio filo ad un prog barocco con
sfumature vagamente jazz ed un’attitudine svisante riconducibile facilmente
a certo hard rock, il secondo invece si innerva di brumose escursioni lungo territori
più informali e sperimentali.
Piace nel primo caso la riuscita (parziale) fusione fra atmosfere sognanti degne
di folletti saltellanti del sottobosco (folletti antichi) e progressioni più
muscolose e distorte che vanno ad ispessire il risultato finale; piacciono non
poco le divagazioni figlie di certo jazz canonico che si sporca con le istanze
colte di scuola Henry Cow.
Il senso di classicità ottenuto dal gruppo convince (in parte) anche
se certe fughe solistiche spesso paiono essere un pelo troppo bolse e solenni
e vanno ad intaccare il clima da fiaba del grande nord che si viene a creare,
di certi scatti fusion preferisco non parlare poichè sono la piaga
costante che un certo genere si deve portare dietro come una pietra al collo.
Mi viene da chiedermi, ma non se ne potrebbe fare a meno di dover dimostrare in
ogni occasione quanto si è bravi magari sfoltendo certi brani infiniti?
Non si potrebbe ogni tanto cercare di eliminare qualche progressione ed assolo
antichi come il cucco per ottenere qualcosa di più godibile ed attuale
anche da parte di chi non è addentro al genere?
Comunque il tutto scorre. Soprattutto durante le incursioni strumentali dove l’atteggiamento
prog si sporca di stacchi cameristici dal forte odore orientale (la bella
Fata Morgana a parte il titolo orrorifico).
Nel secondo cd invece le atmosfere abbastanza lineari del primo si innervano di
scatti di archi, progressioni ombrose, atteggiamenti circensi, voci e vocine,
maggiore cupezza generale; più zappiano ma senza ironia di fondo (la chitarra
di Datcha ne è esempio terrificante).
Ok ragazzi ci avete convinto, ma il dono della sintesi sarebbe qualcosa da ricercare
costantemente.
Avremmo a che fare con un ottimo cd singolo piuttosto che con un pesante mattoncino
della Lego da ingoiare accompagnato da un sorso di barocco Assenzio.
Consigliato ai cultori del genere.

Voto: 6

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