Thee More Shallows ‘More Deep Cuts’


(Montreme Records/Ghost Records 2004)

Se vai a San Francisco, puoi infilarti qualche fiore nei capelli, e, se sei proprio fortunato, incontrare i Thee More Shallows; se non hai la facoltà o hai paura di volare, li puoi conoscere tramite ‘More Deep Cuts’. Gente strana, non c’è dubbio, dalla doppia, forse tripla, personalità: amanti del pop dalle melodie tagliate male, della psichedelica, e di sospese atmosfere desertiche. Ti stringono la mano con una sgangherata canzoncina pop vagamente Eels (Post-Present) per farti stare a tuo agio e cinque minuti dopo ti incastrano, imbarazzato da un violino lusinghiero in Freshman Thesis, che si disperde nella rotondità e nell’inquietudine che avverti come un cane prima dell’imminente sisma, riaffiora con ipnotica costanza e sboccia in un finale martellante al rumor bianco che ti devasta il sistema nervoso. (De)stabilizzato, immagini con chi hai a che fare, ma stai di nuovo sbagliando: un intro alla Black Heart Procession apre Ave Grave e sei ancora invischiato in una stranita filastrocca pshyco-folk in Grandaddy style con un apertura di morriconiana memoria. E che dire dei “campanellini mesmerici” che accompagnano la sempre più incalzante e debordante 2AM, ibrido Mogwai-Pink Floyd, un vero incubo ad occhi aperti che si rassegna, intervallato dall’intro di Walk of Shame, ballata degna dei più torbidi Giant Sand. Sei confuso nel mezzo di un caleidoscopico circo sonoro, non temere, ormai sei del giro, il loro!

Voto: 9

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Autore: danielecintio@hotmail.it