Sophia

 

 

 

 

 

Live All’ Estragon – Bologna Il 23 Ottobre.

Di Ambra Galassi                 Foto Di Tiziano Galli

ambra.g@gmail.com                   quiet-tiz@libero.it

Posso immaginare bene il fascino di cui sono pervase certe ammirevoli personalita’, che oltre a se’ stesse si portano dietro tutto quello che a loro e’ successo, assieme alla loro immagine plasmata da anche piu’ di una generazione, ma di questo fascino ho la sfortuna di esserne totalmente immune. Se si e’ ciechi all’aura tragica gia’ vissuta di Thalia Zedeck si hanno poche speranze, visto che rimane ben poco se si toglie il piacere della teatralita’ della sua voce struggente in mezzo al fumo e troppo piena di fumo, accompagnata a stento da un violista.
Thalia Zedeck si fa anche aspettare, facendo si’ che l’unica cosa tragica sia il peso fisico e psicologico che le nostre gambe dovranno reggere fino alla fine della sofferta performance. L’intervallo dura il tempo che serve a piazzare una mezza dozzina di archi sul palco, una mezza dozzina di musicisti che li devono accordare piu’ il tranquillo posizionamento dell’attrezzatura standard. Abbiamo tutto il tempo che serve per pensare che sarebbe simpatico se alla fine dell’attesa uscisse fuori un gruppo che ci facesse ballare un po’. Allora i Sophia partono in svantaggio, e si spiegano in un tempo soggettivo prossimo alle tre ore, con la stessa tranquillita’ che permea la serata. Tranquilli sul palco ma non sotto, dove chi non e’ impegnato a riportare la circolazione agli arti inferiori battendo debolmente il tempo con i piedi, e’ anacronisticamente eccitato, lancia urli ad ogni momento di virtuosismo delle luci e, soprattutto, canta le canzoni. Accanto a me c’e’ una provvidenziale crocerossina, che mi impedisce di dormire appoggiata alla folla, che urla in prossimita’ del mio orecchio destro generosi complimenti a Robin Proper Sheppard, al suo sguardo magnetico e al suo nuovo (?) taglio di capelli.
Quest’ultimo, bisogna dirlo, riesce sorprendentemente ad abbattere la sua immagine di frontman freddo e un po’ triste raccontando aneddoti a cui si ride per simpatia e ricordando a tutti noi che quello era proprio il giorno del suo compleanno, mentre la band suonava cio’ che si conviene (tanti auguri).
La scaletta sembra varia e generosa, ovviamente orientandosi verso la fine della discografia. La sezione di archi, seppur non aiutata dall’acustica e dalla posizione costretta, riesce in parte a rendere meno freddi certi momenti di People Are Like Season, rivelandosi qualcosa di piu’ che una scusa per ritornare nella stessa location in meno di un anno.
Un generosissimo bis accontenta le fans che non sono svenute e non si sono uccise per strappare una locandina, e la performance si chiude con due dolci ballate che ci spediscono definitivamente nel mondo dei sogni.