Invalidobject Series

“INVALIDOBJECT SERIES”

autori: Pita / Scanner / Cray / Taylor Deupree / Rsundin / Kim Cascone / Later Days / Folder / Junior Varsity KM / Steve Roden / Warmdesk / V/Vm / Stephan Mathieu / eM / *0 / Electric Company / Eloy Anzola / Goem / Ekkehard Ehlers / Richard Chartier / Massimo / Akira Rabelais / Pimmon / Andreas Berthling

etichetta: Fällt

anno di pubblicazione: 2000

con: 1) Peter Rehberg 2) Robin Rimbaud 3) Ross Healey 4) Taylor Deupree 5) Ronnie Sundin 6) Kim Cascone 7) Wayne Jackson 8) Mitchell Whitelaw 9) Junior Varsity 10) Steve Roden 11) Bill Selman 12) James Kirby, Animal McGregor? 13) Stephan Mathieu 14) Michael Bentley 15) Nosei Sakata 16) Brad Laner 17) Eloy Anzola 18) Peter Duimelinks, Roel Meelkop, Frans de Waard 19) Ekkehard Ehlers 20) Richard Chartier 21) Massimiliano Sapienza 22) Akira Rabelais 23) Paul Gough 24) Andreas Berthling.

L’etichetta irlandese Fällt si annuncia, e annuncia il nuovo millennio, con una pubblicazione, a ben vedere, davvero storica. Coinvolta una rappresentanza di musicisti elettronici, provenienti da tutto il globo, gli dà in dote un banco suoni che deve servire come base per sviluppare un brano, o una serie di brani, della durata complessiva di una ventina di minuti. Fin qui nulla di strano, sennonché il risultato viene pubblicato in formato mp3 e, solo in seguito, in una serie di mini-CD a tiratura limitata. Che la cosa vi renda felici, se siete assidui scaricatori dalla rete, o infelici, se siete ancora attaccati al dischetto come a un/una amante, poco conta, dacché questa potrebbe essere una delle forme che assumerà la distribuzione musicale nel futuro. Se la qualità non è ancora all’altezza, è comunque destinata a migliorare. Tecnicamente, intendo, ché esteticamente tutto funzionerà come sempre, cioè tonnellate di merda da vagliare per ottenere pochi grammi di cioccolata. Ma sulla qualità estetica di questa compilation, vedi un po’ i nomi, e di altre che l’hanno seguita, come le notorie “tu M’p3”, “fals.ch” e “The Allegorical Power Series”, o le meno notorie, ma altrettanto meritorie, “Quantize vs. the Human Feel” e “On How A Picture Can Sound”, mi sembra ci sia poco da discutere. Non so se in casa Fällt sono stati veramente i primi o se qualcuno li ha preceduti, sicuramente questa operazione è destinata a rimanere quale pietra miliare, mi ripeto, per la rappresentanza globale, per il calibro dei nomi e perché l’anno della sua uscita ne mitizza il carattere sin dalla nascita. Assurdo cercare di analizzare i vari contributi, servirebbe lo spazio di ventiquattro recensioni, e, finanche, inutile. Stop.