The Abstractions ‘Ars Vivende’


(Edgetone Records/Pax Recordings 2003)

Gli Abstractions sono un collettivo della West Coast che con “Ars Vivende”
ci spiattella dritto in faccia il loro massiccio verbo brutaljazz.
Potrebbe sembrare un termine riduttivo quello da me usato eppure le coordinate
espressive verso cui l’ensemble si muove spesso e volentieri idealmente si ricongiungono
con le maglie nere di certo noise efferato che però sembra in questo
caso più un prodotto dell’ipercinetico movimento continuo dei singoli
musicisti che una specifica direzione di stile. I nomi vanno fatti, una volta
sola ma vanno fatti: Ernesto DiazInfante, Dina Emerson,
Phillip Everett, Sandor Finta, Lance Grabmiller, Bob
Marsh
, Jesse Quattro, Alwyn Quebido, Rent Romus e per
finire Stephen Ruiz.
Chi conosce e naviga le tumultuose acque di certa avanguardia si sarà
spesso inbattuto in questi signori e quindi ben chiaro avrà il quadro
complessivo dell’opera in questione anche se le sfumature contenute in “Ars
Vivende” sono realmente fratornanti nella loro molteplicità e complessità.
I possibili rimandi sono qualcosa di assolutamente esaustivo poichè ripeto
nell’opera vivono diverse anime che di volta in volta drasticamente si esprimono
in tutta la loro interezza, nei pezzi cantati da Diaz-Infante per esempio
pare di assistere ad una spesso incubica, improbabile ed assolutamente devastata
no wave dove convivono placidamente ritmiche metronomiche e cantati cavernosi
con chitarre atonali che spesso masticano spettri Dna se non più
spesso caratteri di chiara matrice Derek Bailey, poi arrivano a torturarci
momenti incandescenti come la straordinaria Lurch dove pare di assistere
ad una strana ed incattivita mutazione dei God o di certe progressioni
degli Slab che sfiorano quasi le vertigini e le alte quote frequentate
per un periodo dai killer Godflesh, ma non è finita; da citare
la sensazione inebriante molto (secondo me) Psychic Tv o quasi Nurse
With Wound
in pieno trip jazz che brani come After The War ed
ancor di più Rain Of Bullets sono in grado di donarci.
Verrebbe quasi da pensare ad un mostro psicotico in pieno delirio eppure giuro
che di questo non si tratta, le liriche dei brani di pura matrice europea alla
Recommended sono una chiara dimostrazione di quanto dico.
Assistiamo forse sgomenti alla reinterpretazione di un linguaggio per certi
versi oramai abbandonato ma assolutamente determinato nel suo incedere caracollante
fra mille possibili sfaccettature di quello che poi starebbe a significare il
termine libertà espressiva.
Provate a lasciarvi avvolgere dalle nebbie sottili che formano But Not For
Me
e poi fatemi sapere quali sono stati i vostri pensieri, la mia mail dopo
tutto la conoscete vero?

Voto: 8

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