Steve Kilbey ‘Freaky conclusions’


(Karmic Hit – 2003)

Con la sua etichetta Karmic Hit, Russell Kilbey non solo si è dedicato alla ristampa delle precedenti produzioni, da tempo irreperibili, del fratello Steve (prendendo il via dalla recente riedizione di “Remindlessness”) e alla produzione delle sue nuove creazioni (“Acoustic and intimate” e “Dabble”, dello scorso anno), ma ha ora anche intrapreso una certosina opera di riesumazione e restauro di registrazioni effettuate da Steve Kilbey agli albori della sua carriera, molte di esse risalenti anche a prima della nascita dei Church.
Come si apprende dal booklet allegato a “Freaky conclusions”, raccolta che rappresenta il primo (e, par di capire, non ultimo) capitolo di questo lavoro di ricostruzione degli esordi artistici del leader dei Church, tutte queste composizioni sono non soltanto, come è ovvio, del tutto sconosciute ai seguaci (anche ai più appassionati tra loro) del Nostro, ma sono state per lungo tempo dimenticate anche dal diretto interessato.
E’ bene essere sinceri e chiarire subito che “Freaky conclusions” non è una nuova produzione solista di Steve Kilbey nè la pubblicazione con grande ritardo di un album che ad un certo punto doveva essere licenziato e che, per qualche oscura ragione, non lo è mai stato. Questo cd permette, piuttosto, di esplorare quelle che sono, per così, dire le origini di quel processo creativo/compositivo che ha portato Steve Kilbey (tanto con i Church quanto nelle vesti di solista) ad essere considerato, sin dalla prima metà degli anni Ottanta, una delle figure di maggior rilievo della scena australiana contemporanea.
Le componenti della musica del Nostro ci sono proprio tutte. Le radici fondamentalmente psichedeliche (Syd Barrett è chiaramente un punto di riferimento costante), l’assenza di preclusioni per ogni sonorità, che consente a Kilbey di suonare dell’ottimo, candido pop (”Again”, ”Mechanism”) oppure del blues (“Blues”) o persino di flirtare con il country (”Weird old world”) e recepire suggestioni orientali (”All of these questions”) e l’insopprimibile voglia di sperimentare, abbattendo le barriere della convenzionalità (”Fingers in my skull”, ”I’m through”), il tutto pervaso dal costante amore per la melodia quale strumento per amplificare l’elemento onirico/visionario sempre presente nei testi.
Certo, i limiti della tecnologia disponibile all’epoca in cui buona parte delle canzoni contenute nel cd sono state registrate sono evidenti, ma ciò (anche grazie comunque all’efficacissima pulizia alla quale sono state sottoposte le originarie registrazioni) nulla toglie al valore della testimonianza che queste rendono dei primi passi creativi di Steve Kilbey.
Sicuramente, chi non conosce la produzione solista del Nostro vorrà iniziare la sua esplorazione altrove, ma per chi invece lo conosce assai bene “Freaky conclusions” è un cd di sicuro interesse.

Voto: 7

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Autore: acrestani71@yahoo.com