Flim ‘Helio’

(Tomlab/Wide2003)

La seconda realizzazione discografica del tedesco Enrico Wuttke alias Flim si caratterizza, grazie alla raffinatezza di costruzione sonora e all’intelligenza nell’uso di suoni di disparata provenienza, come dimostrazione probante delle ampie possibilità che hanno oggi coloro che agiscono nel mare magnum, spesso indistinto, della cosiddetta musica elettronica. In particolare, questo “Helio” riesce ad unire ad una certa straniata “organicità” (un recensore più colto del sottoscritto ha colto tracce del suono di Canterbury nell’iniziale How I Trashed My Knees) le conquiste compositive di alcune registrazioni di Aphex Twin e degli Orbital, autori irrinunciabili degli anni Novanta; tutto ciò mantenendo una voce peculiare, ossia non ereditando dagli esempi sovracitati la frenesia ritmica, ma piuttosto l’abilità in certi casi stupefacente nel creare melodie assolutamente “umanistiche” (non trovo altro aggettivo per definire Chime, che esprime una cantabilità senza voce, insieme astratta e calorosa).
L’uso di materiali apparentemente casuali e poveri (le voci infantili “stirate” in Helio), accostati ad alcuni strumenti – “veri”? – musicali “tradizionali”, o separati da essi, o unificati magari da una drum machine gorgogliante sullo sfondo (una fisarmonica in Snow Behind My Chairs, o un pianoforte che richiama a chi scrive le risonanze di certe partiture di Satie e Morton Feldman all’inizio di Hell II, brani presenti solo nel formato CD; Flim e la Tomlab hanno realizzato anche una edizione in LP di vinile 180gr.) crea un’atmosfera spessa di inquietudine sotterranea e sottilmente oscura (Little Rodaché), che magari nell’epilogo tenta di espandersi in qualche modo (For Fred, sferragliante e quasi maligna). In conclusione, il barbuto musicista con base a Dresda non ha tradito le attese di chi si aspetta – spesso – belle cose dalla Germania; personalmente sentendo Is That Me? mi sono subito sovvenuti i Kraftwerk di Kometenmelodie (“Autobahn”, 1974).

Voto: 7

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