Accordi disaccordi ‘Accordi disaccordi’

 

Due recensioni a confronto!

Il terzetto capitanato da Alessandro Di Virgilio consegna una bella prova di maturità con il disco “Accordi Disaccordi”. Il gruppo (due chitarre, Di Virgilio e Dario Berlucchi, e il contrabbasso di Elia Lasorsa, più qualche ospite eccellente) esplora il gipsy jazz à la Django Reinhardt, ma anche il flamenco (Beauty) e le atmosfere sudamericane (ascoltate l’habanera de I caffè di Oliva, seducente, con il violoncello di Oscar Doglio Sanchez). Il timbro personale, ‘cordoso’, della chitarra di Di Virgilio evita l’effetto oleografico che potrebbe indurre ad ascoltare l’intero disco come una colonna sonora di un film di Woody Allen (il cui spirito aleggia comunque sull’album, a partire dal titolo). Un lavoro contemporaneo, che non si accontenta di ripetere: ecco allora accanto alle scorribande chitarristiche, sorrette da una tecnica indubbia (Spaghetti Killer, con il clarinetto di Giacomo Smith), gli spazi più dilatati e pensierosi di Pietrasanta e Stay. L’armonia insolita di El Duende, tra i pezzi più interessanti, e la lieve Signor Noce (dove il clarinetto enuncia un tema struggente) concludono un lavoro piacevole ma non ‘piacione’, che non si accontenta di ‘somigliare a’ o di rimanere un piacevole sottofondo.

Recensore Stefano Oliva
stefol02@libero.it
Voto: 8,5

Da tempo presente sulla scena jazzistica nazionale e internazionale, il trio composto da Alessandro Di Virgilio (chitarra solista, e autore di tutte le composizioni meno una), Dario Berlucchi (chitarra ritmica, firma l’ultima traccia Signor Noce) ed Elia Lasorsa (contrabbasso), propone una versione gipsy del movimento dell’interpretazione storicamente autentica. L’operazione è evidentemente manieristica, saprebbe quasi di revival. Se non fosse che non si tratta affatto di un restauro. Anzi. La ricerca storica e l’amore esibito per un sound molto caratterizzato si uniscono alla proposta creativa di composizioni originali (legate insieme in un canovaccio narrativo western), alle notevoli capacità strumentali e all’affermazione di uno stile personale, lucidamente capace di scolpire un suono caldo e arioso attraverso un’accentuata ed efficace cantabilità. Dappertutto, non soltanto nelle tracce energiche e/o scanzonate come Firefly (che apre il disco con netti armonici della chitarra), Beauty, Break-Fast o Spaghetti Killer, s’impone la natura corporea, audiotattile (per usare un termine caro al musicologo Vincenzo Caporaletti), delle pratiche legate al campo jazzistico. Da qui proviene una vivace espressività (a volte forse un po’ troppo caricata, come nell’implorante Stay), sempre ben disegnata nelle linee melodiche, nell’impasto timbrico e nell’incedere ritmico. Esemplari in tal senso la malinconia struggente della parte centrale di I Caffé di Oliva (qui si fa apprezzare il violoncello di Oscar Doglio Sanchez) e la nostalgia interrogativa di Lazy Wave, segnata dal lucido contributo del clarinetto di Giacomo Smith. Ma se dovessi scegliere un brano, direi forse Whisky Valley: il suo tema è davvero a presa rapida.

Recensore: A. G. Bertinetto
alessandrobertinetto@yahoo.it
Voto: 8

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