Incomodo ‘Un po’ di silenzio’

(Creative Commons 2014)

Oggi più che mai, in Italia, è difficile approcciare con il rock. Attualmente ci stanno provando gli Zen Circus, i Verdena e i Ministri (ognuno con i risultati diversi), ma l’Italia non è un paese rock, la nostra lingua è troppo morbida e bisogna faticare. Solo gli anni ’90 ci hanno dato grandi soddisfazioni riguardo il “rock alternativo” con tutta quella cerchia formata da Afterhours e Marlene Kuntz, suoni low fi, testi onirici e accattivanti. Una gran bella scena che si appoggia sulle spalle dei giovani di oggi. Ecco, bisogna tentare di superare quella fase che tende a fagocitare i poveri malcapitati. I leccesi Incomodo sono stati fagocitati fino alle gambe perché quasi tutte le loro canzoni risentono di quelle atmosfere, e anche nel cantato distorto rimandano a quelle band (con risultati minori perché c’è molto da curare e a volte le stonature senza una buona base melodica contano eccome). Grunge e rock si rincorrono e si ripropongono per tutti i brani, c’è tanta aggressività ma manca quel quid, sempre una questione di melodia, una chiave che non ha aperto quella porta. I testi mischiano un nonsense e l’ironia, si avvicinano ad uno stile Verdena senza essere così efficaci. Preferisco l’onestà di un testo come Sai, ti dirò.
Gli Incomodo sono stati mangiati fino alle gambe che però rimangono ancora libere per dare calci e brani come L’Ignavo, Miyagi’s little tre> e Sai, ti dirò per me rappresentano la via giusta da seguire, dosando il “rumore”, spingendo verso un rock più acido ed essenziale e continuando a cantare in italiano.

Voto: 4

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Autore: ourgirl@hotmail.it