Martin Archer ‘Blue Meat, Black Diesel & Engine Room Favourites’

(Discus 2012)

Abbiamo scritto in tempi recenti del multi strumentista Martin Archer in coppia con la cantante Julie Tippetts, ed eccoci alle prese con un suo nuovo lavoro solista. Si era già detto della grande fantasia strumentale di Archer e qui la dote è confermata assieme a quella dell’eclettismo. Se ‘Serpentine’ indagava sul connubio tra elettronica, spoken word e avant prog, qui invece siamo in presenza di un lavoro interamente acustico in cui il nostro, supportato da una massiccia band di ben dodici strumentisti strutturata attorno ad un nucleo di quattro percussionisti, si muove con fermezza in ambito jazz. Ovviamente, date le premesse, siamo dalle parti di un jazz parecchio sofisticato, tra avanguardia e sperimentazione, e di fatto il disco è esplicitamente ispirato dai lavori dell’Association for the Advancement of Creative Musicians (AACM), il collettivo di Chicago in cui hanno operato nomi quali Anthony Braxton, Muhal Richard Abrams, Roscoe Mitchell, Lester Bowie e tanti altri. In pratica i simboli stessi dell’avant-jazz. Tre le tracce contenute in questo cd, con una durata che va dai 4 minuti di Engine Room, ai 42 della title track, per un totale di oltre 70 minuti di musica. Un po’ troppo, e si sarà capita la mia avversione agli album eccessivamente prolissi, ma per fortuna abbastanza interessante da essere facilmente sostenibile. Si respira aria di grande libertà creativa, di estesi spazi musicali, di calma interiore in cui i musicisti sono liberi di improvvisare ma anche di inserire elementi più strutturati, a volte swingeggianti, altre quasi sconfinanti dalle parti della musica da camera (i numerosi e belli interventi di violino). Un’enorme tela musicale in cui ognuno lascia il suo segno da qualche parte, scarabocchia quello dell’altro, impiastra ogni tanto l’intero disegno sonoro. Mirabili i primi venti e passa minuti iniziali dell’ultima traccia in cui si susseguono solitarie escursioni ai fiati, sparsi e rarefatti puntellamenti percussivi, gocce di vibrafono, stop and go pianistici, malinconiche note quasi zingare del violino, che ad un certo punto si coagulano magicamente per qualche minuto in una marcia alla Art Ensemble Of Chicago solo per sciogliersi e diradarsi nuovamente.

Voto: 8

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