Tetuan ‘Qayn’


(Brigadisco 2013)

Tornano i Tetuan dopo un primo avvistamento di qualche tempo fa con il precedente ‘Tela’. Tornano e ci restano. Perché dove sono stati sono stati bene, e da dove vengono li hanno trattati bene.
E loro per farci capire che sono stati bene ci ricompensano con questo album. Sono altruisti, i Tetuan. Hanno capito che potevano e dovevano crescere per parlare meglio il linguaggio universale della musica. Hanno capito che dovevano studiare per parlare la loro lingua, per farsi capire meglio in quello che volevano dire. E a parere di chi scrive ci hanno saputo fare. I risultati sono a portata di orecchio, come si suol dire.
Ma volendo precisare, in ordine rigoroso di apparizione: Rangoon miccia accesa, un tribal funk che smuove le viscere, e fa partire il sorriso. Il secondo Welcome to arabeggiante quanto basta, con questa “punk-za punk-za” idea in testa di mantra tribalviscerali; Benghazi ancora cavalcata tribale con il batterista che scandisce il movimento, niente secche pre post-rock, ma avanti a perdifiato verso il vuoto. Poi viene Barakallahulekoum, ripescaggio nel passato con un punk-funk di maniera, ma sempre eccellente nell’esecuzione.
E che dire di Outrohn, il brano rallenta i giri, quieta gli animi, forse a ragione data questa prima parte passata tutta di corsa senza un attimo di respiro. Qayn riprende quasi il titolo e ci svela la matrice noise psichedelica; Hevel esplora ancora il versante psichedelico, sempre alti le menti e sempre avanti con i cuori. Non basta, c’è anche Luxor che risulta rispetto al nome un’immersione in territori “shellacchiani”, noise, slabbrato basso e chitarra chirurgica nel ritagliare un muro di suono che starebbe bene in ogni casa.
Poi la fine. Ma per fortuna c’è il play, la puntina, quello che vi pare. Anche voi siete fortunati, grazie ai Tetuan.

Voto: 9

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