Butcher Mind Collapse ‘Night Dress’

(Bloodysound Fucktory Records, Brigadisco, Musica per organi Caldi, A-Shame, NO=FI Recordings, Mescaleros, Lemming Records, Sweet Teddy Records, Takemetamars Organization 2010)

Marchigiani brava gente, si sa. Lavoratori ineccepibili e meticolosi.

I Butcher Mind Collapse pure per l’appunto: Gianpaolo Pieroni, Jonathan Iancinella, Nicola Amici e Riccardo Franconi, nomi noti per chi ha seguito negli ultimi anni le gesta dei quattro, impegnati anche in altri progetti che hanno permeato il mondo dell’underground italiano, quello rispettabile.

I fantastici quattro alle prese con il loro secondo lavoro ufficiale ‘Night Dress’, vedono la partecipazione del “ragno” Giulio Favero e di Giovanni Ferliga che giocano con le tracce aggiungendo del loro (assolo-cameo alla chitarra su Guilty e su The forgotten, nonchè un passaggio di impro-piano sulla title track).

Ci Sono ora tutte le carte dei tarocchi per poter interpretare i simboli e le atmosfere che trapelano all’ascolto.

Un disco di impatto, un barocco sonoro di urla, grida, demoni e clown assassini.

Voce, sax, chitarra, batteria, e chitarra baritono in composizione corale e circense, con torbide associazioni a matrici, blues, rock’n’roll e post-punk mai modali e riarrangiate con piglio meticoloso ma di attitudine lo-fi. The Forgotten prima traccia è una marcia funebre straziante che si concreta in progressioni post-punk demoniache, come se ad un tratto si salisse in una vecchia Dodge cornuta guidata da Rob Zombie. Complicity è una danza horror-punk, sax che borbotta e una voce grassa e infernale che traghetta l’ascoltatore nel primo girone dantesco della satanica-commedia dei BMC ossia la title-track Night Dress, dove si ha la sensazione di sprofondare ed essere giudicati da un tribunale dell’odio.

Le colpe, le abrasioni, le ferite, gli incubi, le nostre zone d’ombra prendono il sopravvento e il resto è intuibile. In The Loss, siamo oramai ambientati in una psichedelia rossa e senza speranza, giri ipnotici di chitarra e sax strillante in profondità, batteria a seguire. E’ la fine! O meglio la fine come inizio, anno 0, sezione ritmica industrial che ricorda che l’unico dio possibile in questa terra arida è Trent Reznor (Nine Inch Nails). Siamo appunto in un Flameless Hell dove tutti sono colpevoli (Guilty). Il concept è chiaro e arrogantemente veicolato da mille simboli sonori.

La trame si sviluppano e si arriva anche alla parte meno eterea dell’album, più di sostanza post-punk-rock fino a schiantarci contro ragnatele di ragno(Spiderwebs), posizione dalla quale è possibile ripensare al viaggio nei gironi. Abbiamo forse scontato il nostro peccato? C’è da aspettare gli ultimi due minuti del pezzo dove Iancinella ci ricorda quel vecchio cane bastardo di Tom Waits in uno straziante canto di disperazione finale. Un lavoro immenso, ingombrante, e difficile da metabolizzare. Va ascoltato lentamente e con criterio, per poterne ammirare la grandezza. Fra qualche anno lo ascolteremo pensando.. epico!

Voto: 9

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Autore: jhonnyedo87@hotmail.it