Santo Barbaro ‘Lorna’


(Ribéss Records 2010)

Nel corso di questo stesso anno, Pieralberto Valli ed i suoi Santo Barbaro ci avevano già stupito con “Mare Morto”, album all’insegna di un cantautorato indie-folk in cui veniva rielaborata in modo estremamente personale la lezione di Radiohead, Capossela, De André, Marlene Kunz e CSI, dando vita a desolati quadretti all’insegna di un cupo esistenzialismo. A quel progetto (composto da un CD e da una raccolta di racconti, “Un giorno passo e ti libero”) fa ora seguito “Lorna”, secondo capitolo della discografia di Valli. Il quale, volendo semplificarsi la vita, avrebbe potuto continuare lungo il sentiero tracciato dal primo lavoro, forte, per altro, degli apprezzamenti della stampa di settore. Tuttavia il nostro appartiene, evidentemente, a quella ristretta schiera di spiriti inquieti che popolano il sottobosco musicale italiano, a quel novero di artisti che non s’adagiano sugli allori del consenso ottenuto ma che, invece, continuano a sperimentare, spinti da genuina passione per l’arte del dio Apollo.
Solo così si spiega la svolta di “Lorna”. Svolta, sì. Perché Valli, pur mantenendo intatto il proprio caratteristico (ed estremamente letterato) approccio cantautorale, qui si è divertito a puntare su una mix di sonorità indie-rock di stampo chitarristico ed elettronica. Le tredici canzoni dell’album sono un tripudio di malinconiche e liquide litanie infarcite di beat e rumorismi sintetici e sei corde elettriche, alle quali è affidato il compito non solo di creare le tessiture armoniche su cui far poggiare le preziose parole di Valli, ma anche di lanciarsi in passaggi più duri e spigolosi, noisy.
Il tutto, però, mantenendo una coesione ed una coerenza stilistica davvero invidiabili. Valli è in grado di passare con disinvoltura dagli accenti à la De André di Scia di Polvere a quel fuoco di sbarramento di beat sintetici e synth stranianti che è Carosello I, dal rumorismo elettronico pulsante della coda di Non Balla Nessuno a Tori Sterili, uno splendido esempio di indie/psych-folk condito da tribalismi percussivi (la cui melodia eterea, però, sul finale sfodera un incedere minaccioso), dalla superba nenia folk di Canto dei Fondali alla title-track, un crescendo a base di schitarrate indie-rock ed elettronica (con un cantato enfatico, teso fino allo spasimo) che culmina in un soundscape sintetico fluttuante, condito di rumorismi sinistri.
Il talento di Valli, oltre che nei brani già citati, risplende anche ne Il Vuoto, mirabile incrocio di elettronica ed indie-folk-rock, nella radioheaddiana Piloti di Seppia (una litania sospesa, con la melodia intonata dal piano che poggia su un tappeto di crepitii sintetici in loop) e nella conclusiva Finisterre, un suggestivo ed ipnotico crescendo, propulso da un battito tribale e condito da un flauto esotizzante, che si scioglie in un lamentoso ronzio elettronico.
Della musica abbiamo detto. Non resta che parlare dei testi. E “Lorna” non fa difetto neanche qui. Valli, ancora una volta, si dimostra talento poetico assai prezioso, tratteggiando oscure parabole esistenzialiste (venate, però, anche di riflessioni socio-politiche) che raffigurano un’umanità smarrita, alla perenne ricerca di sé stessa, che percepisce il mondo come una sorta di palcoscenico minaccioso e che sembra trovare un punto di contatto, di comunione, solo nel dolore («e conta i decenni di vita che vi dividono/ ma che in quanto a dolore vi rendono/ da un tempo infinito coetanei», canta Valli ne Il Vuoto); un’umanità la cui «disperata ricerca di serenità» (da “Piccole luci”, racconto presente in “Un giorno passo e ti libero”), è contraddetta da una di pulsione verso il Nulla («e provo solo un grande desiderio di niente», confessione contenuta in Scia di Polvere).
Coadiuvato da Franco Naddei (chitarra elettrica, synth, batterie elettroniche, trattamento dei suoni e pianoforte, nonché coautore delle musiche) e Diego Sapignoli (percussioni, vibrafono, melodica), Pieralberto Valli (voce e chitarra classica) con “Lorna” ha realizzato un altro piccolo gioiello di cantautorato indie made in Italy, un’opera che non ha nulla da invidiare alle produzioni di artisti più blasonati.

Voto: 8

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