A Jigsaw ‘Like the Wolf’

(Rewind Music 2009)

Tra i più interessanti esponenti dell’odierna scena alternative country/folk c’è – strano a dirsi – un portoghese, João Rui, il quale, assieme a Jorri e Susana Ribeiro ha dato vita al progetto A Jigsaw. La formazione (che prende il suo nome da una canzone dei belgi dEUS, “A Jigsaw You”) ha esordito nel lontano 2004 con un EP, “From Underskin”, seguiti, tre anni dopo, dal primo full-lenght, l’acclamato “Letters From the Boatman”, in cui il trio si avvaleva di featuring di importanti artisti portoghesi (tra questi ricordiamo Kalo dei Tedio Boys, Raquel Ralha dei Wray Gun e Sergio Nascimento degli Humanos e dei Sergio Godinho). Il disco aveva fatto gridare qualcuno al capolavoro, ponendo sotto i riflettori la scena musicale di Coimbra, tra le più vivaci del Portogallo.
Dopo due anni, gli A Jigsaw tornano con un nuovo, raffinato lavoro. Come i precedenti, “Like the Wolf” si inscrive nel solco di un alternative country/folk dalle tinte oscure e si fa apprezzare per la sapienza della scrittura e gli arrangiamenti ottimamente cesellati. I tre polistrumentisti portoghesi, servendosi di un arsenale composto da chitarre, banjo, ukulele, mandolino, contrabbasso, pianoforte, autoharp, armonica, violino percussioni, cajon, batteria e chi più ne ha più ne metta, hanno confezionato dodici tracce in bilico tra Lambchop, Mark Lanegan, Johnny Cash e Tom Waits, intrise di spleen decadente ed impreziosite dal baritono caldo e profondo di Rui.

Tra i momenti più esaltanti dell’album citiamo il folk-pop di Farmhouse, la notturna e bluesy His Secret (che vanta un ottimo lavoro di armonica e un bel solo di chitarra elettrica nel finale), la country-rock ballad di Crashing Into the Harbour, la cupa Return to Me (cantata da Rui in coppia con Becky Lee Walters), le atmosfere noir di My Blood (un country-rock dal ritornello ruggente, arrangiato per percussioni tribali, basso, armonica sinistra ed intrecci di chitarra e banjo), la malinconica (e tomwaitsiana) Six Blind Days e il magnifico country di The Trial.
Il mood dei brani, come si diceva prima, è piuttosto malinconico, quando non cupo; si respira un’aria di disfatta in queste composizioni, evidente anche dai testi: «Sister, this pain is real/ a stranger of which I know nothing/ Is out by my doorstep/ He is my lover, my killer» canta ad esempio Rui in Return to Me; «So I sat and I waited, patiently for the years to pass/ with the violence of each day, of each coming day» proclama invece in Idiot Smile – per non parlare di Farmhouse, in cui il nostro afferma chiaramente «It can’t be love, ‘cause there is no true love». E di questo paesaggio di desolazione (e disillusione) esistenziale, in cui nemmeno la natura sembra avere pietà («rain is never gentle to a tormented soul», da The Trial), il lupo cui allude il titolo del CD è il simbolo di una solitudine inestirpabile: «I’m like the wolf, riding through the night/ I’m like the wolf, running up the hill» (I’m Like the Wolf).
Insomma, un disco che è una «slow walk, back into the night» (Crashing into the Harbour), una lunga camminata nel cuore della notte, ma che paradossalmente accende una nuova stella nel firmamento alt. country.

Voto: 7

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