Characteristic Pitches feat. Robin Eubanks ‘Multitude’

(Silta Records 2009)

Characteristic Pitches è il nome del nuovo progetto del batterista e compositore maceratese Paolo Lattanzi, da tempo di stanza negli States. Sulle colonne di Kathodik avevamo già parlato dell’ottimo suo debutto discografico con ‘Night Dancers’ (2006) ed auspicavamo una degna prosecuzione; ebbene, la prosecuzione è arrivata e non ha disatteso le aspettative.
Con un nuovo sestetto, impreziosito per l’occasione dalla succulenta ospitata del trombonista Robin Eubanks, che suona in sette degli undici brani, Lattanzi (autore di tutti i pezzi) ci regala un nuovo disco, ‘Multitude’, che suona nel contempo energico, elegante e raffinato. Oltre al leader alla batteria ed Eubanks al trombone, gli altri componenti del gruppo, tutti validissimi, sono il trombettista Daniel Rosenthal, l’altoista Rick Stone, il pianista Lefteris Kordis e il bassista Greg Loughman. Difficile classificare il sound complessivo del progetto: lo diremmo un mainstream moderno (e il mainstream, non mi stancherò mai di ripetere, non tradisce MAI) con varie aperture e sfaccettature. Si apre con Illusions, dove giganteggia Eubanks cui è affidata la prima, lunga sortita solistica; The Transversality Of Thoughts attacca con un liquido dialogo tra tromba e sax alto, che trovano il bandolo esponendo poi un bel tema all’unisono: dopo un breve interludio pianistico, è l’ottimo Rosenthal a prendere le redini, facendo pulsare con un bell’assolo il cuore del pezzo; curioso e ricercato l’andamento di Action And Reaction, che alterna (nomen omen) due cellule ritmiche, una in 3/4 e l’altra in 4/4, richiamando alla memoria certe sperimentazioni pionieristiche di Dave Brubeck o la meravigliosa Two Kinds Of Blues del trio di Jimmy Giuffre; Out There (On The Streets) ha a tratti un vago e piacevole sentore lirico con qualche squarcio milesiano, sostenuto da una bella frase del piano, quasi minimalista e sospesa: l’assolo di Eubanks, borbottante e zigzagante, lascia il posto ad una conclusione free veramente inaspettata; A White Page (forse una risposta concettuale alla zappiana Black Page?) è introdotta da singole note di pianoforte appena sorrette da un rarefatto basso, strumenti che ne restano protagonisti assieme alla batteria di Lattanzi, fino alla fine in cui si inseriscono i fiati; avanti con lo sfrenato bop di Neglected Potential con un alto davvero parkeriano e con la lunga The Need For Essence, che negli sviluppi mantiene la valenza, esplicitata nel titolo, di profonda meditazione filosofica: note lunghe, tensione e serenità, crasi, cesure, silenzi e accenti; Slowly è ideale prosecuzione del brano precedente, con il collettivo dei fiati in maggiore evidenza; Gliding Away non turba il raffinato mood notturno inaugurato dai due pezzi precedenti, spezzato però dall’angolosa e dionisiaca So Many Puppets Around in cui il fantasioso ed efficace drumming del leader fa la parte del leone guidando per mano i solisti in un implacabile susseguirsi di spericolatezze; si conclude con Common Nonsense che ci riporta sui terreni della Strada Maestra grazie ad un beat soffice, leggero e incalzante. Un bel disco sicuramente, una lunga tirata, un ottimo compagno di viaggio per un’infinita Route da percorrere in cabriolet sotto il sole e le stelle, tutta d’un fiato.

Voto: 8

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Autore: belgravius@inwind.it