Dredg ‘Pariah, The Parrot, The Delusion’

(Ohlone Recordings 2009)

“Pariah, The Parrot, The Delusion”, quarto album in studio dei californiani Dredg, è un condensato di strutture prog, riff duri, pathos emo, melodie pop, spunti funky ed elettronica. Messa così potrebbe sembrare un disco frizzante ed imprevedibile, ma un ascolto attento rivela il contrario. Gavin Hayes (voce e chitarra), Mark Engles (chitarra), Drew Roulette (basso) e Dino Campanella (batteria), attivi sin dai primi anni ’90 (ma il primo EP, “Orph” è del ’97 e l’esordio su lunga distanza, l’ottimo “Leitmotif”, di due anni più tardi), inseguendo l’eclettismo hanno realizzato un disco privo di un reale baricentro sonoro e a tratti persino prevedibile. Peccato, perché in passato i quattro ci avevano regalato ottimi esempi di math-rock in cui melodia e sperimentazione si fondevano alla perfezione (il già citato “Leitmotif”, ma anche il successivo “El Cielo”, del 2002).
“Pariah, The Parrot, The Delusion”, invece, sfodera sì una produzione più sofisticata e, come si è detto, un maggiore eclettismo, ma denuncia anche un certo appannamento in fase compositiva. Sui diciotto pezzi che lo compongono, alcuni episodi buoni ci sono: Lightswitch, Gathering Pebbles e I Don’t Know sono tre brani rock dal piglio epico che non dispiacciono; Mourning This Morning sfodera un andamento funky con una coda strumentale all’insegna della sperimentazione elettronica; Long Days And Vague Clues è uno strumentale che, con i suoi tempi dispari e le tastiere, occhieggia al prog anni ’70. Cartoon Showroom e Stamp of Origin: Horizon sono invece due buone ballad dai colori tenui, mentre Down To The Cellar è uno strumentale carico di pathos. Ma stiamo comunque parlando, ripetiamo, di buone intuizioni e non certo di pezzi memorabili, ed alla fine ci si trova tra le mani un disco che suona come un’occasione sprecata malamente.

Voto: 5

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