Pete Molinari ‘A Virtual Landslide’


(Damaged Goods Records 2008)

Il cantante/chitarrista/compositore inglese Pete Molinari (il cui cognome, però, denuncia però chiare origini italiane) deve essere cresciuto ascoltando vagonate di musica roots (gente come Woody Guthrie, Leadbelly, Phil Ochs, Bob Dylan e Neil Young per intenderci). Perché solo così si spiega come mai così giovane abbia deciso di debuttare con un album che è una sorta di omaggio ai singer/songwriter della vecchia scuola, quelli che mescolavano allegramente folk, country e blues.
“A Virtual Landslide” si configura come una raccolta di dodici brani dal sapore decisamente retrò, che non brilla certo per originalità, ma ha comunque qualche buona freccia al suo arco: la ballata in tre quarti di I Don’t Like The Man I Am (forse il brano migliore dell’LP), il frizzante blues rock di It Came Out Of The Wilderness (che, come il pezzo citato prima, ha un sapore decisamente dylaniano), il folk depresso di Lest We Forget, la delicata One Stolen Moment e Sweet Louise, memore ancora una volta del maestro Dylan; il resto tende alla noia o alla melensaggine.
Piccola avvertenza per quanto concerne la voce di Molinari: il suo timbro cristallino, quasi femminile, potrebbe risultarvi fastidioso. Ad ogni modo, non gli si può negare una certa unicità – e questo è un pregio.
Un buon disco, insomma. Ma Dylan e Young sono un’altra cosa.

Voto: 6

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