Fabrizio Marini ‘Ingmar Bergman. Il settimo sigillo’

 

 

 

 

 

 

 

 

Di Marco Loprete

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Antonius Block, valoroso cavaliere di ritorno dalle crociate, giace disteso in riva al mare. Con lui, il fido compagno d’avventure negli ultimi dieci anni, lo scudiero Jöns. Una voce fuoricampo legge alcuni versetti dell’Apocalisse: «Quando l’Agnello aperse il settimo sigillo nel cielo si fece un silnenzio di circa mezz’ora; e vidi i sette angeli che stavano dinanzi a Dio e furono loro date sette trombe». Mentre il cavaliere è intento a pregare, sopraggiunge la Morte. Ella dichiara di essere venuta a prenderlo, ma Blok replica di non essere pronto. Per guadagnare un po’ di tempo, decide di sfidare la Morte ad una partita a scacchi: finché non avrà perso, rimarrà in vita.

Alzi la mano chi non ha stampata nella testa l’immagine del pallido ed emaciato Max von Sydow alle prese con il match sulle sessantaquattro caselle contro l’Oscura Signora. Pochi probabilmente. E a ragione. Perché la scena è una di quelle che non si dimenticano. Come tutto il film del resto, il primo nel quale Bergman affronta una delle sue più ricorrenti ossessioni: quella del “silenzio di Dio”. Il tormento di Blok è quello di non poter cogliere il divino con i sensi; la sua fede è erosa dal dubbio. Il raggiungimento della certezza si rivelerà impossibile (del resto, neppure la Morte sa): Block e la sua carovana, al termine del loro viaggio, danzeranno la loro macabra danza con la Grande Falciatrice, in un’altra memorabile scena.

Al celebre film del ’56 Fabrizio Marini ha dedicato questo suo pregevole studio. Nell’opera, egli provvede dapprima a fornire una panoramica generale sulla formazione di Bergman (il contesto familiare in cui crebbe, l’amore per Strindberg, il gruppo letterario “40-talet” e la svolta degli anni ’50), per poi analizzare in dettaglio i vari aspetti della pellicola, cominciando dalla scelta di ambientare il film in una sorta di «medioevo atemporale» (che non avesse, cioè, alcuna pretesa di veridicità storica), scelta utile tanto alla caratterizzazione dei personaggi che all’emersione dei dubbi atavici che attanagliano l’uomo. “L’ombra della morte”, “Lo stile” e “A proposito di peste” sono i titoli degli altri capitoli, che, assieme ad un’interessante antologia critica e ad una sufficientemente curata bibliografia, compongono un viaggio intrigante tra i segreti di una delle pellicole più celebri ed enigmatiche della storia del cinema.

Link: Lindau, 2007